(Adnkronos) – “Se mai dovessi avere un figlio di pelle nera, vivrà tutto lo schifo che ho vissuto io. Se dovesse essere di pelle mista, peggio ancora: lo faranno sentire troppo nero per i bianchi e troppo bianco per i neri. Vale la pena, dunque, far nascere un bambino e condannarlo all’infelicità?” È la domanda scioccante che si pone Paola Egonu, la 24enne pallavolista italiana considerata la più forte al mondo, in un’intervista a ‘Vanity Fair’ che l’ha voluta protagonista della nuova cover digitale di Vanity Fair e della newsletter settimanale Vanity Fair Weekend, in occasione del suo debutto da coconduttrice al festival di Sanremo 2023, nella serata di giovedì 9 febbraio.
A pochi giorni dalla sua partecipazione al Festival di Sanremo nelle vesti di co-conduttrice insieme a Chiara Ferragni, Chiara Francini e Francesca Fagnani, Paola si racconta parlando degli episodi di razzismo, dei sacrifici legati alla carriera sportiva, fino al timore di mettere al mondo un figlio che potrebbe rivivere tutta la crudeltà che lei, da sempre, ha sperimentato sulla sua pelle.
“A quattro anni – dice – ho capito di essere diversa. Ero all’asilo e, con un mio amichetto, stavamo strappando l’erba del giardino: ci facevano ridere le radici. La maestra ci ha messo in castigo. Per tre volte le ho chiesto di andare in bagno. Per tre volte mi ha risposto di no. Alla fine ci sono andata di corsa, senza permesso. Troppo tardi: mi ero fatta tutto addosso. La maestra mi ha riso in faccia: ‘Oddio, fai schifo! Ma quanto puzzi!’. E, per il resto del giorno, non mi ha cambiata. Ho dovuto attendere, sporca, l’arrivo di mia madre nel pomeriggio. Ancora oggi, 20 anni dopo, fatico a usare una toilette che non sia quella di casa mia”.
Rispetto a quando è stata maltrattata all’asilo, oggi c’è meno razzismo in Italia? “No. Capita che mia mamma chieda un caffè al bar e che glielo servano freddo, che in banca lascino entrare la sua amica bianca ma non lei”.
Chi non apprezza? “Per esempio quelli che mi insultano chiedendo perché sono italiana. Non sanno niente di me, di noi atlete. Non sanno quanto fatichiamo, quanto siamo stanche, quanto non ci sentiamo all’altezza, quanto a volte vorremmo solo prenderci una pausa da tutto, ma non possiamo. Non ho nemmeno il tempo per godermi una vittoria che arriva la sfida successiva: dopo lo scudetto c’è la Champions, e l’Europeo, la Super Coppa, le Olimpiadi. Allora poi succede che qualcuno mi dice la frase sbagliata e io mi domando: perché mai dovrei rappresentare voi?”.
“Sono cresciuta in un contesto in cui lo standard di bellezza presupponeva l’essere bianca. E, sa, i ragazzini possono essere molto spiacevoli. Io ero sempre la più alta, ero nera, con questi ricci che odiavo. A un certo punto mi sono rasata a zero. Peccato che poi venivo presa in giro perché non avevo i capelli. La vita era uno schifo. Io mi sentivo uno schifo”, racconta.
Anni fa aveva trovato conforto proprio tra le braccia di una donna, la pallavolista Katarzyna Skorupa. I suoi come l’avevano presa? “Malissimo. Erano preoccupati di quello che avrebbero pensato gli zii o i vicini di casa. Poi hanno capito che la mia non era una scelta. Chi opterebbe per uno stile di vita che ti mette contro tutti? Certe cose capitano e basta”.
Dalla società, invece, si è sentita più accettata? “Mica tanto: io me ne fregavo, baciavo la mia fidanzata anche in pubblico. Le reazioni, però, non sono sempre state gradevoli. Il problema è che la gente non pensa agli affari propri. Io dico, cosa vieni a giudicare me, o una coppia omosessuale che cresce i figli con amore, quando è pieno di famiglie tradizionali disfunzionali? E poi… so già che, se mio figlio sarà di pelle nera, vivrà tutto lo schifo che ho vissuto io. Se dovesse essere di pelle mista, peggio ancora: lo faranno sentire troppo nero per i bianchi e troppo bianco per i neri. Vale la pena, dunque, far nascere un bambino e condannarlo all’infelicità?”.