Il terziario vale oggi in Italia il 74,4% del pil. Nel decennio pre-pandemia il settore dei servizi italiano, pur mostrando un tasso di crescita medio annuo (0,3%) superiore a quello complessivo dell’economia italiana (0,15%), ha avuto una crescita più lenta rispetto all’intera eurozona. Emerge dall’incontro di oggi che ha visto il lancio dell’Osservatorio del terziario Manageritalia con un rapporto sviluppato in collaborazione con Oxford Economics (L’evoluzione del settore dei servizi in Italia dal 2010) e Bcf (L’impatto del Covid sui settori del terziario).
La crisi del debito sovrano, dalla quale l’Italia è stata una delle economie più colpite, ha portato a un periodo di austerità tra il 2010 e il 2015, durante il quale il governo italiano ha cercato di migliorare la situazione delle finanze pubbliche. Questo può contribuire a spiegare la debole performance dei settori pubblici della sanità e dell’istruzione, ma l’incertezza si è trasmessa anche al settore privato: il trasporto e magazzinaggio è stato il settore più colpito come diretta conseguenza del drastico calo della domanda tipico dei periodi di contrazione economica.
Il successivo periodo di ripresa 2015-2019 ha invece visto una crescita generalizzata, pur se ridotta, di quasi tutti i settori del terziario, ad eccezione della pubblica amministrazione. Nell’intero decennio la quota del terziario sul pil si è di conseguenza accresciuta di oltre 1,5%, poco sotto il guadagno di quota registrato in ognuno dei tre decenni precedenti (circa 2% a decennio). Anche nel 2020 il settore del terziario nel suo complesso ha continuato a guadagnare quote di pil, avendo registrato una decrescita pari a -8,1% a fronte di una decrescita del -8,6% del valore aggiunto nazionale.