“Da gennaio 2020 quando il prezzo dell’oro era di 40-41 euro al grammo, siamo passati ai 49 euro al grammo di oggi. Quindi la materia prima si è rivalutata di circa il 20% che non è un aumento di poco conto. E tuttavia quello che preoccupa le imprese del settore orafo non è tanto l’incremento del valore assoluto dell’oro, quanto le continue oscillazioni e l’instabilità del prezzo della materia prima. E’ questo che destabilizza il settore”. Lo dice ad Adnkronos/Labitalia, Stefano de Pascale, direttore di Federorafi Confindustria.
Il settore della manifattura dell’oro in Italia conta più di 8.000 aziende, per lo più concentrate nei distretti principali di Arezzo, Valenza, Vicenza e Torre del Greco.
Instabilità prezzi ora si ripercuote su intera filiera
“Sia a livello di produzione sia a livello di distribuzione -sottolinea de Pascale- ovviamente il non controllo delle fluttuazioni dell’oro, crea disorientamento negli operatori che possono ritardare gli acquisti in attesa magari di un’oscillazione al ribasso. Quando c’è instabilità c’è una ripercussione negativa sull’intera filiera”. “A maggio 2021 in particolare c’è stata una crescita di circa il 5%, -ricorda de Pascale- aumento che nel breve periodo è comunque notevole, ma siccome le nostre aziende non fanno speculazione sulla materia prima, quello che a noi interessa è -ribadisce- la stabilità del prezzo. E queste fluttuazioni ormai non sono più neanche legate solamente a periodi di incertezza politica o alle guerre: ci sono sì le speculazioni che vanno a incidere sul prezzo dell’oro ma negli ultimi anni sono ormai tante le variabili (come gli acquisti massicci da parte di Banche centrali o Stati) che incidono sul prezzo della materia prima, che è anche difficile prevederle”.
Arte del gioiello, eccellenza del Made in Italy
L’arte del gioiello è sempre stata un’eccellenza del Made in Italy ed è conosciuta in tutto il mondo. “Prima del Covid il settore fatturava ed esportava nel complesso per un giro di affari di 7,5 mld di euro. Di questi l’87% era destinato ad esportazione. La pandemia ha dato un duro colpo: tra tutti i settori del Fashion (quindi calzature, pelletteria, abbigliamento, pellicceria occhialeria) il settore orafo è quello che nel 2020, in percentuale, ha perso di più: quasi il 30%, quindi più di 2,2 mld sono andati persi a causa del Covid”, ricorda de Pascale.
“Secondo una nostra indagine effettuata prima della pandemia, quello orafo era, fra tutti quelli del Made in Italy, il settore più export-oriented e non solo per le percentuali di vendite, ma anche per la sua diffusione geografica: il gioiello italiano è praticamente diffuso in tutto il pianeta”, ricorda de Pascale. “Nonostante una connotazione medio piccola delle aziende il settore orafo ha da sempre una vocazione all’esportazione e all’esplorazione di nuovi mercati: siamo fortemente presenti negli Usa (nostro mercato riferimento), a Dubai, Hong Kong e certamente anche in Paesi europei a partire da Spagna e Germania”, aggiunge.
Segnali positivi da Usa e Cina
“Nei primi mesi del 2021 siamo ancora in terreno negativo, ma c’è una buona risalita e una forte ripresa su alcuni mercati a partire dagli Stati Uniti, la Cina continentale e anche Hong Kong” dice ad Adnkronos/Labitalia Stefano de Pascale, direttore di Federorafi Confindustria, parlando dell’andamento del settore orafo italiano. “Il mercato domestico è sempre stato un po’ asfittico ma alimentato dai turisti: con la pandemia ovviamente è mancata questa componente, ma è accaduto -spiega de Pascale- che chi poteva farlo, non potendo viaggiare, si è gratificato regalandosi o regalando un gioiello. Quindi nonostante le chiusure che hanno danneggiato tutta la filiera, qualche buon risultato è stato ottenuto. Con la particolarità che hanno tenuto meglio le vendite nei piccoli centri rispetto alle città perché nelle grandi città il mondo del lavoro si è ridotto di più e con lo smart working gli uffici e i palazzi si sono svuotati”.
Ripartono le iniziative in presenza
Per il futuro del gioiello italiano “siamo moderatamente ottimisti -afferma de Pascale- se il trend continua in questa direzione: grande senso di responsabilità e apertura dei mercati esteri. A luglio saremo a New York con l’Ice, a novembre in Cina; stiamo già partendo con le iniziative in presenza e la possibilità di portare gli imprenditori coi loro prodotti , a riprendere contatto con i loro partner e distributori, è -conclude- sicuramente un elemento di grande importanza e un bel segnale di ripartenza”. (di Mariangela Pani)