“L’origine e la diffusione precoce di Sars-CoV-2 rimangono avvolte nel mistero”. Esordisce così lo scienziato Jesse D. Bloom del Fred Hutchinson Cancer Research Center, Howard Hughes Medical Institute di Seattle, nelle prime righe di uno studio destinato a gettare nuova luce sugli ‘albori’ della pandemia di Covid e ad allungare al tempo stesso ombre sulle informazioni condivise dalla Cina con il resto del mondo. In un lavoro disponibile in versione pre-print, non ancora sottoposto dunque a revisione fra pari, il ricercatore presenta i risultati di un’accurata attività di indagine e ricostruzione che parte da un’anomalia da lui intercettata. Bloom si accorge che un set di dati contenente sequenze di Sars-CoV-2 risalenti all’inizio dell’epidemia di Wuhan è stato cancellato dall’archivio di lettura della sequenza dei National Institutes of Health. E allora si mette sulle loro tracce riuscendo a recuperare i file cancellati (da Google Cloud) e a “ricostruire sequenze parziali di 13” dei primi campioni del virus.
Ed è qui che si imbatte anche in quello che si configura come un giallo. Lo scienziato nel suo lavoro lo definisce un “fatto misterioso” e inaspettato. Il primo elemento che però segnala fin dall’abstract del lavoro è che: “L’analisi filogenetica di queste sequenze” cancellate “nel contesto di dati esistenti accuratamente annotati suggerisce che le sequenze del mercato dei frutti di mare di Huanan che sono al centro del rapporto congiunto Oms-Cina non sono pienamente rappresentative del virus che circolava a Wuhan all’inizio dell’epidemia. Invece, il progenitore delle sequenze conosciute di Sars-CoV-2 conteneva probabilmente tre mutazioni relative al virus del mercato, che lo rendevano più simile ai ‘parenti’ coronavirus del pipistrello”.
Quindi, secondo Bloom, i primi virus studiati dall’Oms non sarebbero pienamente rappresentativi di tutti i ceppi virali in circolazione in quei primi mesi. Nella sua avvincente ricostruzione – degna di una spy story – lo scienziato prova a trovare una spiegazione ai file mancanti. E conclude che “non c’è una ragione scientifica plausibile per la cancellazione: le sequenze sono perfettamente concordanti con i campioni descritti dagli autori di uno studio del 2020 (Wang e altri) e non ci sono correzioni al documento, nel quale si afferma peraltro che è stata ottenuta l’approvazione dei soggetti e che il sequenziamento non mostra prove di contaminazione da campione a campione. Sembra quindi probabile che le sequenze siano state cancellate per oscurarne l’esistenza”, ipotizza Bloom.
“I campioni dei primi pazienti ambulatoriali a Wuhan sono una miniera d’oro per chiunque cerchi di capire la diffusione del virus”, prosegue Bloom. Capire cosa è successo nella metropoli del gigante asiatico dove ha fatto la sua prima comparsa il patogeno “è fondamentale per tracciare le origini del virus, compresa l’identificazione degli eventi che hanno portato all’infezione del paziente zero”. Bloom aggiunge: “Anche la mia analisi delle sequenze parziali è rivelatrice”.
Ed entra nel merito dei ‘gialli’ da chiarire, che vengono suggeriti dai dati recuperati: “I tentativi di dedurre” il progenitore di Sars-CoV-2 “sono stati confusi da un fatto: le prime sequenze riportate di Wuhan non sono le sequenze più simili al correlato Coronavirus del pipistrello. Il fatto lascia perplessi perché, sebbene l’origine prossimale di Sars-CoV-2 rimanga poco chiara (zoonosi versus incidente di laboratorio), tutte le spiegazioni ragionevoli convergono sul fatto che a un livello più profondo il genoma di Sars-CoV-2 sia derivato dai Coronavirus dei pipistrelli”. “Ci si aspetterebbe quindi – prosegue il suo ragionamento – che le prime sequenze del virus riportate siano le più simili a questi coronavirus di pipistrello, ma” in questo caso “non sembrerebbe essere così”. “Le prime sequenze di Sars-CoV-2 sono state raccolte a Wuhan a dicembre, ma queste sono più distanti” dal gruppo dei coronavirus del pipistrello correlati “rispetto alle sequenze raccolte a gennaio da altre località della Cina o anche da altri Paesi”, avverte Bloom avanzando alcune possibili spiegazioni di questa incongruenza.
Lo scienziato ha anche cercato di contattare gli autori cinesi che descrivevano i campioni finiti ‘nel suo mirino’, ponendo loro le domande che restavano aperte dalla sua analisi. Ma non ha ottenuto risposta. Quindi Bloom, conclude il documento, ribadendo l’incompletezza dei dati che ha potuto analizzare e la difficoltà a trarre conclusioni. L’indagine, sottolinea però, deve continuare.