Sull’origine del Covid, il direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), il biologo etiope Tedros Adhanom Ghebreyesus, sostiene – in una intervista sui sito del ‘Corriere della sera’ – che tutte le ipotesi “devono continuare a essere esaminate, da quella della trasmissione da animale a quella della fuoriuscita dal laboratorio, la quale non è ancora stata categoricamente esclusa”. Per fare luce su cosa successe a Wuhan tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020, l’Oms ha creato un gruppo di esperti internazionali di diverse discipline che dovranno stabilire lo stato delle conoscenze. Oltre che a preparare le risposte all’emergere di minacce patogene in futuro.
Riguardo alle inchieste sull’origine della crisi, al dubbio se il virus sia “saltato” da un animale all’uomo oppure sia stato creato nell’ormai famoso laboratorio di Wuhan e poi sfuggito al controllo, Tedros è stato criticato, soprattutto dalla Casa Bianca di Donald Trump ma in misura meno forte anche da quella di Joe Biden, per essere stato influenzato dalla Cina. E di avere mandato a indagare nella città cinese dalla quale tutto nacque un gruppo di scienziati ben accetti alle autorità di Pechino, i quali hanno avuto accesso solo parziale ai dati di laboratorio e hanno poi stabilito che la probabilità maggiore dell’origine sta nel passaggio da animale a uomo, lasciando aperto solo uno spiraglio all’ipotesi laboratorio. Negli ultimi mesi, però, alcuni scienziati americani hanno sostenuto che, analizzando campioni del coronavirus dei primi malati, si capisce che le probabilità di gran lunga maggiori portano a ritenere che la pista giusta sia quella della fuga dal laboratorio. Tedros non chiude la porta a questa possibilità. Ma, purtroppo, se Pechino non collaborerà apertamente permettendo un’inchiesta internazionale indipendente che possa accedere a tutti i dati, quasi certamente la verità inconfutabile sulla nascita della pandemia non potrà essere stabilita.
Tra gli altri passi da compiere, l’Oms ha chiesto di mettere in attesa almeno fino alla fine dell’anno i programmi di richiamo, cioè la terza dose. “Invece di vaccinare coloro che sono già vaccinati dobbiamo vaccinare coloro che corrono il rischio più alto”, anche per limitare la creazione di varianti delle quali non si sa che potenza potrebbero avere. Tra l’altro, secondo il direttore generale tra gli scienziati non c’è consenso sulla necessità di una terza dose.