Con lo strappo del Papeete nell’agosto del 2019, Matteo Salvini, allora ministro dell’Interno del Conte 1, pensava a una imminente campagna elettorale nelle piazze. E invece ad attenderlo troverà i giudici, iniziando una via crucis giudiziaria che oggi vede il culmine con il gup di Palermo che lo manda alla sbarra con accuse gravissime nel caso Open Arms: sequestro di persona e omissione di atti di ufficio in concorso. Rischia, se condannato, fino a 15 anni di carcere.
Il leader della Lega finisce nel tritacarne giudiziario per la ‘politica dei porti chiusi’, la cifra distintiva della sua esperienza al Viminale- nel governo gialloverde – che per gli inquirenti diviene presto una ipotesi di reato: i migranti lasciati in mare – per Patronaggio e gli altri pm siciliani – sono vittime di sequestro aggravato. La prima a capire la gravità della situazione è Giulia Bongiorno, ex ministra leghista che si affretta a rimettere i panni dell’avvocato: “Questa cosa – dice a Salvini, che in prima battuta ne fa quasi un vanto – è un guaio, la vera pena è già il processo: attraversare mesi e anni in aule giudiziarie”.
All’inizio la grana si chiama ‘Diciotti’. Salvini l’affronta quando ancora è al governo. Il 7 settembre 2018 si viene a sapere che la Procura di Palermo ha indagato l’allora ministro dell’Interno per sequestro di persona e abuso d’ufficio, per non avere permesso lo sbarco dei migranti della nave Diciotti nei porti italiani, a luglio. Interviene il Tribunale dei ministri, che il 24 gennaio 2019 respinge la richiesta di archiviazione dei pm siciliani: la palla passa al Senato che deve esprimersi sulla richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini.
Matteo Salvini scrive al Corriere della Sera e fa sapere che quanto gli viene imputato lui lo ha fatto nell’interesse del Paese: “Per questo – dice – chiedo al Senato di negare l’autorizzazione a procedere”. “Mi sento e mi devo assumere la piena responsabilità politica di quello che è stato fatto e in particolare della vicenda Diciotti”, aggiunge anche il premier Conte, rivendicando la condotta in tema di migranti. Anche il M5S consulta la base e da Rousseau il responso è a favore del ministro leghista. Dal Senato arriva il no ai giudici: niente processo per Salvini.
A marzo i senatori si esprimo in 237 per il no al processo (61 i sì). Ma si arriva all’estate del 2019, stavolta a far scattare l’indagine è un esposto di Legambiente. Gli ambientalisti presentano un esposto a Siracusa, chiedendo di fare chiarezza sul mancato sbarco della nave militare Gregoretti, che dopo aver soccorso 116 migranti, viene lasciata per giorni in mare, a luglio.
Anche in questo caso la richiesta di autorizzazione a procedere arriva a Palazzo Madama. Il vento è cambiato, Salvini non è più al governo, i senatori gli voltano la faccia e – il 12 febbraio del 2020 – l’Aula del Senato vota a favore della richiesta di autorizzazione a procedere. Salvini stavolta finirà a processo, per la prima volta. Non sarà l’ultima.
Il terzo caso fa riferimento alla vicenda dei 164 migranti salvati il primo agosto 2019 dalla nave di una Ong spagnola, ‘Open Arms’, a cui viene vietato l’ingresso nelle acque italiane. Il 20 agosto 2019 il procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, dopo un’ispezione a bordo della nave, bloccata fuori dal porto di Lampedusa, dispone il sequestro preventivo d’urgenza della nave, l’attracco e l’evacuazione immediata dei migranti a bordo, ravvisando una situazione di emergenza. La procura si muove, i reati ipotizzati sono sempre gli stessi: sequestro di persona e per abuso e omissione di atti di ufficio.
L’iter è lo stesso di quello del caso Gregoretti. Anche qui l’epilogo è il via libera dei senatori, che il 30 luglio dicono che l’ex ministro dell’Interno, Matteo Salvini può essere processato. La macchina della giustizia si mette in moto, il leader della Lega, nel corso delle sue dirette Facebook, mostra le ‘convocazioni’ dei giudici. La prima, dopo slittamenti dovuti all’emergenza coronavirus è a Catania. Il 3 ottobre scorso Salvini viene scortato da decine di parlamentari della Lega nel capoluogo etneo, si organizza quella che viene archiviata come la Pontida del Sud, una maratona dal palco, a difesa del segretario.
In Aula, intanto il gup Sarpietro, fa sapere che ha bisogno di sentire anche gli altri membri del governo. Il tema, su cui ruota la vicenda, è quello di capire se la scelta di fermare la Gregoretti è fatta da Salvini, oppure condivisa dal governo, e finalizzata a obiettivi politici. Nulla di fatto. Ci si ritrova a Catania sabato 13 dicembre. Stavolta con Salvini, oltre alla immancabile Giulia Bongiorno, gli ex ministri Toninelli e Trenta. Conte verrà sentito a Roma il 28 gennaio. Quanto raccolto dal giudice Sarpietro, nelle udienze successive, porterà al nuovo verdetto. Archiviazione definitiva per il caso Gregoretti o processo di primo grado. Lo scorso 10 aprile, il Pm, intanto ha chiesto il non luogo a procedere: “Non ci fu sequestro di persona”, l’ex ministro secondo la procura non violò le norme internazionali e agì d’intesa col governo. (di Francesco Saita)