Nelle ultime ore si è aggravata la situazione in Libia, dove si teme un’escalation di violenze dopo le minacce dell’autoproclamato esercito nazionale. Il generale Khalifa Haftar, l’uomo forte della Cirenaica, ha annunciato l’avvio della “più vasta campagna aerea nella storia della Libia”. Non senza l’aiuto della Russia.
Minacce che hanno chiamato in causa la Turchia, pronta a intervenire, in caso di attacco, in difesa del governo di accordo nazionale di Fayez al-Sarraj.
La Turchia in realtà ha già iniziato a sostenere il governo di Tripoli, che in queste ore ha cacciato, dopo mesi di stallo, l’esercito di Haftar da alcune zone, di grande importanza strategica, a Sud della capitale.
L’Unsmil, la missione di supporto in Libia delle Nazioni Unite, ha esortato le parti “ad astenersi dall’escalation militare e a ricorrere a mezzi pacifici”. La missione sta seguendo con crescente preoccupazione “gli sviluppi militari e la mobilitazione intorno alla città di Tarhouna” e, con un tweet, ha ricordato “a tutte le parti coinvolte i loro obblighi rispetto al diritto umano internazionale”. Preoccupazione condivisa anche dall’Unione europea, che ha invitato le parti a cooperare per un cessate il fuoco e a riprendere i colloqui con le Nazioni Unite.
Nazioni Unite ed Europa, però, di fronte al rischio di una guerra per procura, con la Libia che fa gola a russi e turchi, stanno dimostrando i limiti del loro campo d’azione.
Anche l’Italia prova a fare la sua parte. Il Consiglio dei ministri ha approvato il ‘decreto missioni’, che ingloba la missione europea Irini per bloccare l’ingresso di armi in Libia. Un embargo che, probabilmente, non rispetterà nessuno.
Mario Bonito