(Adnkronos) – “In Italia ci sono ancora diversi assassini seriali in attività”. A ricordarlo è l’avvocato criminalista e scrittore noir Gianluca Arrighi durante una conversazione con l’Adnkronos parlando del triplice femminicidio avvenuto in zona Prati, a Roma, di cui è accusato Giandavide De Pau, in carcere dopo che si è visto convalidare l’arresto. “Pensiamo al killer di Asti, che ha ucciso quattro prostitute. Oppure al mostro della strada statale 10, in Piemonte, che ne ha uccise due. E ancora, l’assassino delle nigeriane, che uccide solo prostitute africane o il killer dei pensionati che ha già mietuto cinque vittime nel centro Italia. C’è poi il mostro di Udine, a cui sono stati attribuiti sedici omicidi, tra il 1971 e il 1991”.
Il profilo criminale di De Pau potrebbe richiamare alla memoria, in qualche modo, il famoso serial killer delle prostitute Donato Bilancia? “Lui – replica Arrighi – è stato il più feroce assassino seriale italiano, condannato a numerosi ergastoli per aver ucciso diciassette persone in appena sei mesi. Nonostante sia tristemente ricordato come il killer che odiava le donne, ben nove dei diciassette omicidi furono commessi nei confronti di uomini. Ritengo che il caso di De Pau, senza entrare nel merito delle indagini ancora in corso, sia molto diverso: siamo di fronte a un individuo che sembrerebbe aver agito in preda a un raptus di cieca violenza, un uomo con precedenti psichiatrici e in cura al Sert per dipendenza da cocaina”.
Guardando alla sfera psicologica, “nella maggior parte dei casi, i serial killer di prostitute – sottolinea Arrighi – sono uomini affetti da gravi disturbi della sfera sessuale che derivano da un background familiare problematico, caratterizzato da violenza e carenze affettive. Sono quasi sempre individui ossessionati dal controllo totale sugli oggetti del loro desiderio, controllo che non riescono ad avere nel mondo reale, dove sono spaventati dal potere della donna”. Mentre “se parliamo del modus operandi – prosegue lo scrittore che nei suoi romanzi ha spesso affrontato le tematiche dei serial killer e la psicologia criminale – a volte è lo stesso, altre no. Donato Bilancia, ad esempio, uccideva le sue vittime con un colpo in testa, esploso da una Smith & Wesson calibro 38. Altri assassini, invece, prediligono le armi da taglio. È capitato che alcuni assassini seriali fossero collegati alla criminalità organizzata, ma non c’è un nesso specifico tra l’appartenenza a un’organizzazione criminale e la serialità degli omicidi, che va invece ricercata nel profondo della psiche turbata di questi individui”.