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Omicidio di Marco Vannini, indagato un carabiniere

Quando non sono gli inquirenti – ed il ‘trend è in crescita – sempre più spesso sono i giornalisti, con le loro ‘indagini’, a dare ad inchieste particolarmente ‘ingarbugliate’ una via da percorrere.
L’ultima in ordine di tempo è quella ‘indicata’ da Giulio Golia de ‘Le Jene‘ il quale – così come la redazione di ‘Chi l’ha visto?‘ – non ha mai ‘mollato la presa’ davanti al cosiddetto ‘omicidio Vannini‘. L’orribile – e vergognosa – morte del giovane cerveterano, ferito a morte da un colpo di pistola mentre si trovava in casa della fidanzatina, a Ladispoli. A rendere indegno l’accaduto, l’ostinata ‘reticenza’ della famiglia Ciontoli nel chiamare i soccorsi, un ritardo pazzesco, e tutta una serie di telefonate contraddittorie poi costate la vita a Marco Vannini. Come molti ricorderanno, al dilà delle di per se già inquietanti immagini dei dialoghi tra i Ciontoli nella caserma dei carabinieri della locale stazione, anche diverse testimonianze, in primis quelle del personale sanitario ‘poi’ accorso nella villetta a due piani, delineavano una condotta evidentemente poco ‘collaborativa’.

Omicidio Vannini, le ‘indagini’ de Le Jene

Come dicevamo, Giulio Golia. Quest’ultimo con una tenacia spartana ha continuato a girare, domandare, fino a raggiungere perone’vicine’ ai fatti, mai convocate o ascoltate da chi era invece preposto all’accertamento della verità. Fatto è che da quel 17 maggio 2015 ad oggi, nonostante ben 4 processi, la vicenda presenta moltissimi lati oscuri e una condanna ‘irrisoria’. I

l primo grado infatti condannò il Ciontoli, sottufficiale della Marina Militare (ed interno ai servizi segreti), a 14 anni di reclusione. Poi, in un turbinio di udienze fu sentenziato che il Ciontoli avrebbe esploso il colpo per sbaglio, ma nonostante ciò, la gravità del fatto, non attivò soccorsi. Quindi la Corte d’Assise d’Appello ha infine ridotto a 5 (cinque) anni di reclusione la condanna, tenendo fermi i 3 anni per i suoi familiari: i figli Martina e Federico, e la moglie Maria Pezzillo. Tuto ciò aspettando l’ultima ‘voce’, quella della Corte di Cassazione.

Omicidio Vannini: il testimone amico del carabiniere

Ebbene, dopo aver affidato agli spettatori de ‘Le Jene’ la testimonianza di una vicina di casa dei Ciontoli (mai coinvolta dai carabinieri), che ipotizzava l’assenza di Antonio Ciontoli quella sera in casa, Giulio Golia ha ricevuto la telefonata di un uomo di Ladispoli, che voleva ‘liberarsi di un peso’, rivelando ciò che lui sapeva in merito alla vicenda.
L’uomo, tale Davide Vannicola, ha raccontato di essere un amico fidato dell’ex comandante della caserma di Ladispoli, Roberto Izzo, il quale gli avrebbe confidato che a sparare ‘per gioco’ quel giorno non sarebbe stato il capofamiglia, ma il figlio Federico. Dunque il sottufficiale della Marina sarebbe stato ‘consigliato’ a prendersi le colpe, per l’età e forte del suo impeccabile e ‘delicato’ curriculum (come poi in effetti è stato).

Il Vannicola, commerciante di articoli di pelle a Tolfa, a conferma del forte grado di amicizia con il carabiniere, ha inoltre riferito diverse circostanze nelle quali Izzo è andato a trovarlo, una volta addirittura proprio col Ciontoli. Circostanza particolare quest’ultima perché Vannicola ricordava perfettamente che il sottufficiale della Marina aveva due telefoni cellulari, mentre dalle indagini le intercettazioni ne indicherebbero soltanto uno in suo possesso, e questo avvalorerebbe l’ipotesi che il dialogo tra i due – avvenuto pochi istanti dopo lo sparo – ha preceduto le chiamate ‘ufficiali’ (utenza intercettata) ai carabinieri e ai soccorsi, poi avvenute dopo.
Così, sempre con la telecamera al seguito, Golia (come riportiamo in questo video de Le Jene, caricato su Youtube da ‘Le notizie del giorno’)  ha incontrato Izzo per riferirgli quanto raccontato dal Vannicola. Il carabiniere ha però smentito ogni circostanza e, tra le righe, le sue risposte non erano poi così convincenti.

Omicidio Vannini: indagato il carabiniere Izzo

Fatto è che, guarda caso, oggi è giunta la notizia che il carabiniere Roberto Izzo è stato indagato dal procuratore capo di Civitavecchia, Andrea Vardaro, e dal pm Roberto Savelli i quali, a seguito di quanto dichiarato proprio dal Vannicola, lo hanno indagato con le accuse di favoreggiamento e falsa testimonianza.
Prende dunque finalmente corpo un nuovo ed eclatante filone di indagini che porterà i pm di Civitavecchia ad ‘approfondire’ non tralasciando stavolta nessun particolare. Sicuramente sarà ascoltato anche il ‘lucido’ brigadiere Amadori, ascoltato fugacemente in precedenza, che in più di un’occasione aveva fatto capire a Golia che aveva cose da dire ma solo se ‘autorizzato’ a farlo dall’Arma o, come appunto è accaduto, dai giudici.
Chissà, forse per i poveri genitori di Marco – che non hanno mai smesso di lottare – la pace è vicina…
Max