Quel ricorso ’non s’aveva da fare’, e “se la richiesta di sospensiva fosse accolta dal Tar il 9 gennaio l’Ilva di Taranto si avvierebbe allo spegnimento”. Non usa mezzi termini il ministro dello Sviluppo, anticipando la disastrosa conseguenza (sotto il profilo occupazionale), che avrebbe sul futuro dell’Ilva, il mancato ritiro del ricorso – presentato dalla Regione Puglia e dal Comune di Taranto – contro il Dpcm, per mezzo del quale il governo ne ha prorogato l’autorizzazione integrata ambientale. Qualora infatti non si dovesse procedere al ritiro del ricoso, il ministro Calenda afferma che sarà costretto a dover dare un taglio netto al confronto con l’Arcelor Mittal in merito all’eventuale acquisizione dell’Ilva, ed il conseguentre rilancio del territorio. Questo perché tra gli effetti del ricorso, ’spicca’ quello di subordinare l’avvio degli investimenti previsti da AmInvestco (pari a 2,2 miliardi di euro), a fronte di serie garanzie rispetto al rischio rappresentato dall’incertezza che deriverebbe nel momento in cui divenisse impossibilie proseguire l’attività degli impianti produttivi. “Io non sono disposto a buttare 2,2 miliardi di euro per pagare il conto della politica dei ricorsi del governatore della Puglia e del sindaco di Taranto”, sottolinea duramente Calenda, “Io da qui non vado avanti. Governatore e sindaco si assumeranno le loro responsabilità mentre io non posso assumermi quella di far pagare allo Stato 2,2 miliardi solo per permettere ad Emiliano e a Melucci di fare ricorso”. In realtà i due amministratori pugliesi si sarebbero resi disponibili “a ritirare solo la richiesta di sospensiva ma non il ricorso nel merito e che questo lo valuteranno nel tempo. Una posizione inaccettabile, questo non può essere il metodo. Se seguissimo la linea indicata dal governatore dovremmo annullare il piano ambientale, ovvero lo stesso effetto dell’accoglimento del ricorso al Tar. E’ del tutto evidente come il Governatore – evidenzia il minsitro per lo Sviluppo Economico – nonostante gli impegni presi sull’anticipo della copertura dei parchi, sul danno sanitario e le bonifiche, avesse già maturato l’intenzione di non raggiungere l’accordo al tavolo”. Dal canto suo invece Emiliano ha riferito di un tavolo istituzionale – quello sullIlva di Taranto – dove il clima era positivo da parte di tutti poi a un certo punto cè stato uno scambio di sms tra Calenda e De Vincenti e Calenda ha avuto una crisi nervosa. Si è alzato, ha fatto un intervento durissimo ed è andato via. E necessaria una sdrammatizzazione. Se Calenda fa questa pantomima perché ha capito che questa operazione può avere altre problematiche e pensa di dare la colpa alla regione Puglia e al comune di Taranto si sta comportando in modo immaturo e ne risponderà nelle sedi competenti, ossrva ancora il governatore della Puglia, che smentisce tra l’altro quanto affermato dal ministro a proposito delle conseguenze del ricorso. Non è vero che il ricorso blocchi alcunché. Sono delle sciocchezze che non so chi gli ha raccontato. Allo stesso modo Emiliano smentisce anche l’eventualità secondo cui, rispetto all’incertezza su un investimento da 2,2 miliardi di euro, Mittal potrebbe scegliere di abbandonare il progetto: Non è vero. Con Mittal, dopo la sceneggiata di Calenda, ci siamo salutati e ci siamo proposti di vederci al più presto, quindi quel che dice Calenda non è vero. E stato un percorso positivo e noi siamo dellidea che siccome Calenda è un ministro pro tempore il tavolo si è insediato e può essere anche essere autogestito da tutti quelli che vogliono partecipare – aggiunge ancora Emiliano – Abbiamo intenzione di trovare una soluzione, e visto che Calenda è solo un mediatore noi facciamo anche senza di lui per trovare tranquillamente una soluzione.
M.