(Adnkronos) – Siamo animali emotivi e questa nostra vulnerabilità viene utilizzata dal mercato per invogliarci e convincerci a comprare. A spiegare i più raffinati metodi di persuasione attinti dal mondo delle neuroscienze è Vincenzo Russo, direttore del centro di ricerca in Nuromarketing dell’Università Iulm e autore, insieme a Giorgio Gabrielli, del libro ‘Neuroselling. Il contributo delle neuroscienze alle tecniche di vendita’ (ed. Hoepli) che verrà presentato domani alle 16.30 in Senato.
Ma in che modo la conoscenza del cervello può essere sfruttata dal mercato?
“Dagli anni Settanta in poi gli studi offerti dall’economia comportale e dalle neuroscienze hanno dimostrato che gli esseri umani, lungi dall’essere esclusivamente razionali, si lasciano guidare dalle dinamiche affettive nei processi decisionali, razionalizzando e giustificando con la ragione ciò che è stato in realtà scelto e preferito con l’emozione. Insomma – sottolinea Russo – come scrive il famoso neuroscienziato Antonio Damásio nel suo testo rivoluzionario L’Errore di Cartesio ‘non siamo macchine pensanti che si emozionano, ma macchine emotive che pensano’. Ciò mette in seria discussione il modello razionalistico che ha caratterizzato lo studio dei consumatori e dei decisori. Si tratta di un vero e proprio ribaltamento paradigmatico del modo di intendere e studiare i processi di comunicazione e la persuasione. In questo contesto la conoscenza del cervello permette di avere una più profonda consapevolezza delle motivazioni che rendono efficace una strategia di vendita rispetto ad un’altra, così come ci hanno permesso di individuare nuovi modi di gestire la relazione commerciale grazie alla consapevolezza di come ‘realmente funziona’ il nostro cervello. Oggi sappiamo che esistono alcune stimolazioni in grado di attivare la parte più antica del cervello implementando la capacità persuasiva del messaggio.
Che cos’è il neuroselling e in cosa si differenzia dal neuromarketing?
“Il neuroselling è un nuovo approccio che valorizza le più recenti scoperte sul funzionamento cerebrale per rendere più ‘persuasivi’ i messaggi durante una contrattazione. In realtà – chiarisce il docente – il neuroselling è strettamente legato al neuromarketing poiché quest’ultimo si basa su una serie di conoscenze pratiche e di strumenti utili per valutare l’efficacia della comunicazione e del marketing. Da queste conoscenze derivano una serie di regole e di soluzioni per rendere più appetibili i messaggi promozionali o le strategie di vendita. Il principio di base del neuroselling – sintetizza Russo -, così come del neuromanagement (ovvero quella disciplina che incorpora tutte le applicazioni operative delle neuroscienze al mondo del business e del management), risiede nella consapevolezza che tutti i soggetti hanno una fisiologia di base in grado di influenzare i comportamenti e che la conoscenza del funzionamento cerebrale può aiutare il venditore a gestire meglio le relazioni sociali e le strategie di vendita”.
“Il Neuroselling mette in relazione i comportamenti del venditore con quelli del compratore e viceversa, attraverso l’analisi degli elementi psicofisiologici e cerebrali alla base di specifici comportamenti negoziali. La conoscenza della struttura del cervello e della sua combinazione con il livello ed il flusso di neurotrasmettitori ed ormoni, garantiscono di poter migliorare le dinamiche negoziali. I contributi delle neuroscienze permettono infatti di preparare con maggiore attenzione i venditori alle sfide che devono affrontare quotidianamente. In questo ambito molto utile è, per esempio, la scoperta dei Neuroni Specchio. Negli anni ’90 un gruppo italiano, coordinato dal Giangiacomo Rizzolatti ha scoperto casualmente l’esistenza di questo gruppo di neuroni. Si tratta di una popolazione di neuroni visuo-motori individuati nei primati, in alcuni uccelli e nell’uomo, la cui attivazione avviene sia durante l’esecuzione di azioni, sia durante l’osservazione delle stesse azioni compiute da altri”.
“I neuroni specchio permetterebbero di spiegare fisiologicamente la capacità di entrare in relazione con gli altri e di spiegare l’effetto camaleonte, studiato da Chartrand e Bargh (1999), secondo il quale le persone tendono inconsciamente a imitare il movimento corporeo degli altri e le loro espressioni facciali anche al fine di facilitare la loro connessione emozionale. Si tratta di una strategia capace di rendere più positiva una relazione. Ciò avviene anche grazie ai Neuroni Specchio che si attivano non solo quando compiamo un determinato comportamento, ma anche quando osserviamo gli altri compierlo. Queste cellule sono distribuite in alcune zone chiave del cervello, quali la corteccia prefrontale, le aree parietali inferiori associate al movimento e alla percezione nonché nelle regioni del cervello corrispondenti alla capacità umana di cogliere i sentimenti altrui di comprenderne le intenzioni. Secondo Rizzolatti, il Sistema Mirror ci permette una rapida visione di ciò che ci accade intorno, di provare le emozioni altrui, immedesimandoci ed entrando in empatia, e di imparare per imitazione. Il riconoscimento delle emozioni stesse si basa su questo meccanismo a specchio. Questa è solo una delle nuove conoscenze del funzionamento cerebrale utilizzabile per meglio comprendere le dinamiche relazionali e di contrattazione offerte dal neuroselling”.
Ma come si applica nel marketing?
“Le tecniche di neuroselling si basano sui risultati dei principali studi di neuromarketing. Oggi sappiamo che esistono specifici stimoli in grado di attivare la parte più antica del cervello rendendo più appetibile il messaggio. Tra queste tecniche vi è anche la pre-suasione ovvero la preparazione della contrattazione per ‘facilitare’ il processo persuasivo, preparando opportunamente il terreno all’accettazione della proposta. È come rendere al pubblico simpatico il messaggio prima di pronunciarlo”.
“Per comprendere cosa significhi pre-suasion facciamo un esempio tratto da una ricerca condotta da Naomi Mandel e Eric Johonson e pubblicata sul Journal of Consumer Psychology in un articolo del 2002. Lo studio ha dimostrato come è possibile stimolare l’attenzione di clienti verso un obiettivo di vendita legato al comfort di un prodotto piuttosto che sul suo valore economico. Durante gli esperimenti di vendita online, questi ricercatori hanno manipolato l’immagine di sfondo e i colori di una pagina Web, per misurare l’eventuale influenza sulla scelta del prodotto di consumo. L’esperimento coinvolse un’azienda che vendeva divani online. Uno dei principali problemi era il prezzo dei divani comodi che avevano un costo percepito troppo elevato. Dopo varie ricerche, e per stimolare l’attenzione verso il prodotto più confortevole, piuttosto che verso l’economicità del prezzo del divano, hanno usato per la pagina web uno sfondo con nuvole bianche. Questa semplice immagine è servita per orientare i visitatori del sito verso l’acquisto di prodotti caratterizzati da comodità e morbidezza. Per verificare se i risultati fossero dovuti all’immagine con le nuvole, cambiarono lo sfondo sostituendo le nuvolette con delle monete, in modo da stimolare l’attenzione dei consumatori verso il tema del risparmio. In effetti l’avere cambiato l’innesco, o in termini tecnici il ‘prime’ ha spinto i soggetti meno esperti a dedicare più tempo alla ricerca di informazioni coerenti con l’innesco, (ovvero lo sfondo utilizzato) influenzando anche le loro preferenze. Queste possono quindi essere influenzate da inneschi presenti sia nel nostro ambiente che nella proposta. Oggi grazie al neuromarketing, è possibile individuare i migliori ‘inneschi’ nello stimolare l’attenzione verso uno specifico prodotto, facilitando alcuni schemi comportamentali”.
Viene utilizzato anche dalle piattaforme come Amazon, Netflix, ecc.. e in che modo?
“La maggior parte delle piattaforme di successo si basano sull’applicazione delle regole di ingaggio emozionale che vengono studiate dalle neuroscienze e che diventano stimoli opportuni per creare engagement prima che entri in gioco un processo di razionalizzazione del messaggio. In questo ambito vengono usati tutti i meccanismi che attivano il cervello primario. Per esempio la percezione di scarsità di un prodotto che ha un forte effetto persuasivo anche se riferita al tempo necessario per acquistare. In una ricerca svolta in un fast food – spiega l’esperto – si è fatto credere a due gruppi di consumatori di potere fare un buon affare fruendo di un buono sconto sui dolci. Ad un gruppo si è fatto credere che lo sconto sarebbe stato disponibile per molto tempo e all’altro per poco tempo. Le vendite sono state 4 volte superiori nel caso in cui i consumatori erano consapevoli di avere un tempo limitato. Non a caso Daniel Kahneman, Premio Nobel per l’Economia nel 2002, ci ha spiegato che, poiché siamo motivati ad agire più dal timore di una perdita che dalla speranza di un guadagno di pari entità, il principio di scarsità ha una potente forza motivazionale nel guidare i comportamenti (Kahneman, 2013). Ed è proprio il rischio di perdere l’occasione del prodotto a basso costo alla base di molti meccanismi ad ingaggio utilizzati da alcune piattaforme”.
“Si pensi per esempio durante i Prime Days di Amazon. In effetti se analizziamo attentamente le dinamiche che sottostanno alla vendita in occasioni come queste ritroviamo delle leve di marketing potentissime, come per esempio: 1) Avere la percezione di essere di fronte ad un forte sconto, soprattutto se confrontato con il costo regolare. La mente dei consumatori funziona sempre per confronto, cosicché posizionare accanto al costo scontato il costo originale permette di avere una forte sensazione di valore. Il prezzo originale serve da ancora per valorizzare il prezzo scontato (si chiama “euristica dell’ancoraggio”). 2) Avere la sensazione che ci si ritrova davanti ad un grande affare: i prodotti vengono offerti con una percentuale sempre alta di sconto, cercando di trasmettere la sensazione di “occasione da non perdere”. Ciò viene proposto sia con l’indicazione di sconto, ma anche con la quantità di soldi risparmiati. 3) Percepire che vi è un tempo per l’acquisto molto ristretto e limitato. Ciò spinge i consumatori a subire una sensazione di urgenza che spinge a non procrastinare la spesa. 4) Avere la certezza che vi è un numero dei prodotti limitato attraverso l’indicazione del numero di prodotti ancora disponibili. In genere sono sempre troppo pochi! 5) Avere la consapevolezza che tanti altri consumatori stanno tentando di comprare lo stesso prodotto o che lo hanno appena comperato (effetto conformismo e scarsità). Questo meccanismo ha una duplice funzione, da una parte segnala che l’acquisto rientra tra ciò che anche gli altri desiderano, rendendo ancora più desiderabile l’affare, dall’altra, aumenta la percezione del rischio della perdita dell’offerta vista la grande competizione che si percepisce tra i possibili acquirenti. 6) La tangibilità del valore dei prodotti: vedere, in immagini concrete e quanto più possibile oggettive, il prodotto e cosa gli acquirenti acquisteranno. La tangibilità del prodotto e la sua fruizione aumenta la probabilità di acquisto e la disponibilità di spesa, contribuendo ad attivare i meccanismi automatici di acquisto. Si pensi per esempio alla Tissot che ha introdotto la possibilità di interagire con la vetrina del negozio facendo provare l’orologio ai consumatori giocando con la loro immagine con l’orologio in vendita. Questa formula ha fatto aumentare le vendite del 83% (Barden, 2013)”.
“Si tratta – prosegue ancora Russo – di leve molto frequenti nell’e-commerce che associati alla facilità di accesso al prodotto o servizio e all’affidabilità della transazione commerciale rendono molto efficaci queste strategie. Basti pensare alle dinamiche di vendita di Booking.com o di Groupon che, da una parte, ti segnala ciò che hai perso per attivare il senso di probabile scarsità e, dall’altra, oltre a darti indicazione della scarsità di tempo e di prodotti, ti segnala che in quell’istante, mentre stai per comprare quel prodotto, altre venti persone stanno guardando giusto quel prodotto. Di fronte a queste leve il nostro cervello risponde in maniera immediata. Diversi studi neuroscientifici hanno dimostrato che, in linea di massima, il nostro cervello è ‘predisposto’ per scegliere il piacere immediato rispetto alla felicità a lungo termine come quello facilitato da queste leve di marketing. Brian Knutson, noto neuroscienziato della Stanford University, con i suoi colleghi ha dimostrato quali sono i sistemi neurali differentemente coinvolti nella valutazione dei guadagni e delle perdite e nella reazione immediata alle leve di marketing. Secondo Knutson, la decisione d’acquisto deriverebbe da una competizione tra l’immediato piacere dell’acquisto e l’eventuale immediato dolore provocato dall’esigenza di pagamento. Questa differenza sarebbe mediata da specifici circuiti neuronali che si attivano in previsione di stimoli positivi (guadagni) o di stimoli negativi (perdite), permettendo di predire la decisione d’acquisto”.
“Nello specifico Knutson ha dimostrato che l’attivazione del Nucleo Accumbens (NAcc) posto nel nostro Sistema Limbico (quell’area deputata alle emozioni) in seguito alla presentazione di un prodotto sarebbe correlata alle preferenze del consumatore e sembrerebbe anticipare il desiderio d’acquisto. Infatti, il NAcc, attivandosi, anticiperebbe le previsione di gradevolezza determinata da uno stimolo percepito piacevole. Tanto più intensa sarà l’attivazione del Nucleo Accumbens (NAcc), tanto più ci si aspetterà di provare piacere dall’acquisto di quel prodotto; l’attivazione dell’Insula, una ghiandola del Sistema Limbico deputata alla sensazione di disgusto, sarebbe invece in grado di predire la decisione di non acquistare in virtù di condizioni economiche sfavorevoli poiché avrebbe una funzione importante nella previsione di un risultato negativo; l’attivazione della Corteccia Prefrontale Mediale (Mpfc), infine, sembrerebbe essere correlata con la valutazione della differenza tra il prezzo del prodotto e il prezzo che il soggetto è disposto a pagare per questo, bilanciando potenziali guadagni e perdite e correggendo gli errori di previsione di guadagno”.
“Knutson ha, quindi, dimostrato che vi sono specifiche aree cerebrali correlate alla previsione di guadagni e perdite in grado di potere anticipare la decisione d’acquisto: l’attivazione del NAcc durante la fase di presentazione del prodotto, nel suo esperimento, correlava con le preferenze e sembrava anticipare la decisione d’acquisto, mentre un’eccessiva attivazione dell’insula in seguito all’esposizione a prezzi correlava con la decisione di non procedere all’acquisto; viceversa l’attivazione della Mpfc durante l’esposizione a prezzi ridotti, o comunque non superiori al prezzo che i soggetti avrebbero pagato per il prodotto, correlava con la decisione di acquistare i prodotti. Ulteriori ricerche hanno dimostrato quanto potente siano alcune leve di marketing per attivare maggiormente il Nucleo Accubens. Tra queste sicuramente quelle che hanno animato le promozioni del Balck Friday sopra descritte. Se a queste aggiungiamo l’effetto che ha la possibilità di pagare con carta di credito, rinviando al futuro ciò che può provocare ‘dolore’ oggi, come l’esborso di danaro in contanti, il gioco è fatto. Ricordiamoci che come descritto da Ariley in Prevedibilmente Irrazionali l’uso della carta di credito al momento del pagamento attiva di meno l’insula (legata al disgusto) rispetto all’uso dei soldi contanti. La mancanza di percezione della perdita di danaro è alla base dell’utilizzo a volte compulsivo della carta di credito e dell’acquisto di impulso come quello che agiamo con un solo click sull’App o sul sito di Amazon. Non stupiamoci allora che più del 64% degli acquisti sono di impulso, grazie anche ad una probabile alta attivazione del nostro Nucleo Accubens”.