Le malattie neurologiche, prima causa di disabilità nel mondo e seconda causa di morte, sono considerate “tra le più importanti sfide mediche” del prossimo futuro. Il loro studio ha avuto “negli ultimi anni un’evoluzione straordinaria, con innovazioni senza precedenti” che fanno prospettare “vere e proprie rivoluzioni” nel trattamento di alcune di queste patologie come per esempio l’Alzheimer, e sarà “nei prossimi anni un importante banco di prova per l’evoluzione e la trasformazione dei sistemi sanitari di tutto il mondo”. Questo il messaggio dei protagonisti dell’evento ‘Le neuroscienze del futuro’, organizzato oggi da Biogen Italia in occasione dei 10 anni dalla sua nascita, con il patrocinio dell’Irccs ospedale San Raffaele e dell’università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Un confronto che ha coinvolto ricercatori, medici, associazioni pazienti e istituzioni.
Quello delle patologie neurologiche, che secondo le stime assorbono risorse intorno agli 800 miliardi di dollari nei soli Paesi a maggior tasso di industrializzazione, è “un quadro che la situazione pandemica e la gestione emergenziale legata a Covid-19 hanno aggravato – ricordano i promotori dell’incontro – rivelando la fragilità endemica del sistema sanitario” del nostro Paese, che conta “oltre 14 milioni di pazienti cronici. Su circa 8mila deceduti con Covid-19, infatti, il 67,5% aveva più di tre patologie preesistenti, e in circa il 24% di questi casi i pazienti erano affetti da demenza”. Demenza che è una delle “priorità identificate nella recente dichiarazione firmata dai ministri della Salute del G20, riunitisi a Roma per porre le basi della ripresa della sanità globale dopo la pandemia”.
“Nelle neuroscienze, vera frontiera della ricerca clinica – afferma Massimo Filippi, professore ordinario di Neurologia all’università Vita-Salute San Raffaele e direttore Uo Neurologia, Neuroriabilitazione e Neurofisiologia dell’ospedale San Raffaele – lo sviluppo di terapie innovative è stato reso possibile da una comprensione sempre più chiara e capillare dell’architettura e dei meccanismi biologici alla base del funzionamento del sistema nervoso. Una conoscenza medica che chiama in causa la biologia genetica e molecolare, ma anche avanzate tecnologie e strumentazioni per l’analisi della struttura e dell’attività cerebrale. E’ grazie all’unione di questi molteplici fattori che si è recentemente instaurato un circolo virtuoso che permetterà di rispondere in maniera sempre più adeguata alle crescenti esigenze dei tanti pazienti con malattie del sistema nervoso centrale e periferico, delle loro famiglie e dei sistemi sanitari”.
“Il progresso nella ricerca scientifica”, tuttavia, “non può essere unilaterale – osserva Luca Pani, professore di Psichiatria alla University of Miami e di Farmacologia all’università di Modena e Reggio Emilia – ma deve andare di pari passo con l’adeguamento dei sistemi sanitari, affinché questi siano in grado di accogliere e integrare le novità terapeutiche: solo in questo modo i pazienti potranno godere dei benefici reali derivanti dalle nuove opportunità di trattamento che le terapie del prossimo futuro potranno offrire. Occorre una visione costantemente orientata ai nuovi orizzonti terapeutici, per innescare l’evoluzione necessaria ad adeguare i percorsi e i processi e arrivare preparati a cogliere le sfide del prossimo futuro”.
Riflessioni ritenute dagli addetti ai lavori “tanto più importanti se lette in congiunzione con le dinamiche di trasformazione del Servizio sanitario nazionale, che prenderanno le mosse dalla grande eredità politica ed economica della pandemia. Il Next Generation Eu (NgEu) e il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) definito dal Governo italiano”, infatti, “porteranno nei prossimi anni risorse cospicue per investimenti che dovranno essere mantenuti nel tempo, con un auspicato ritorno a una programmazione sanitaria che sappia anticipare i bisogni del futuro e intercettare i cambiamenti strutturali conseguenti alle nuove frontiere della ricerca clinica e della medicina personalizzata in aree complesse, come quella della cronicità”.
In questo ambito Valeria Tozzi, direttore del Master in Management per la sanità, Sda Bocconi School of Management, evidenzia il ruolo del digitale quali opportunità ormai imprescindibile per realizzare la sanità del futuro. “La telemedicina e l’integrazione delle tecnologie digitali nei percorsi di gestione dei pazienti cronici ad alta complessità, come nel caso delle persone affette da malattie neurologiche e neurodegenerative – rimarca – può e deve essere l’asset su cui si giocherà l’evoluzione del sistema sanitario nei prossimi anni. Grazie a nuovi strumenti digitali e soluzioni tecnologiche, sarà possibile un miglioramento quantitativo e qualitativo del rapporto tra medico e paziente: un iter di cura che mette al centro i bisogni di chi convive con malattie che richiedono assistenza costante. Introdotta come soluzione di emergenza per riuscire a garantire, in sicurezza, continuità di assistenza ai pazienti”, la tecnologia digitale “dopo questa fase di emergenza sanitaria” dovrà avere secondo Tozzi “un’integrazione strutturata delle tecnologie digitali nella pratica clinico-assistenziale territoriale”.
“Spingersi oltre le terapie, per offrire ai pazienti e alle loro famiglie soluzioni che riguardano la sfera dell’assistenza e della gestione della cronicità, con lo sguardo sempre rivolto al futuro per portare sempre più avanti i limiti della comprensione e dell’innovazione”: questo l’impegno condiviso dagli esperti intervenuti al dibattito.
“L’appuntamento di oggi segna un momento importante di riflessione e impegno condivisi, che mette in luce il valore cruciale delle neuroscienze nell’ambito della trasformazione in atto nel sistema sanitario – commenta Giuseppe Banfi, amministratore delegato di Biogen Italia – Come azienda che ha fatto dell’essere pionieri nelle neuroscienze la sua missione, siamo consapevoli di vivere uno straordinario momento storico e festeggiamo oggi il decimo anniversario di Biogen Italia, guardando ai prossimi anni con entusiasmo e forte senso di responsabilità”.
“L’impegno nella ricerca è insito nel nostro Dna – continua l’Ad – e siamo orgogliosi di avere contribuito in questi 10 anni a trasformare la vita di tante persone che convivono con gravi patologie neurologiche e neurodegenerative. Per questo continueremo a percorrere strade inesplorate con passione, coraggio e resilienza, collaborando con medici, associazioni e istituzioni, per dare risposte concrete ai pazienti e alle loro famiglie”.