Nellambito dei controlli incrociati che vengono abitualmente effettuati dal Servizio centrale di protezione del Viminale, per verificare la regolarità delle operazioni svolte allinterno di ciascuna Divisione Economica, nel dicembre 2015, è emerso che, attraverso “artificiosi movimenti contabili, erano state distratte somme di denaro per un valore inizialmente quantificato in circa 25.000 euro”. Sono seguite così delle indagini ovviamente segretate – delegate dalla procura della Repubblica di Roma, e svolte di concerto fra la squadra mobile ed il Servizio Centrale di Protezione. In particolare, è stata monitorata tutta lattività informatica interna, dalla quale è emerso che “già da alcuni anni tre individui avevano preso a sottrarre somme di denaro dai fondi del Servizio, per un totale complessivo quantificato in circa 600.000 euro spiegano gli inquirenti – Trattandosi, di volta in volta, di cifre di lieve entità, gli odierni indagati erano riusciti a celare le stesse ’gonfiando’ lievemente altre spese dagli importi ben superiori e caricando il surplus su carte di credito in dotazione al Servizio per le esigenze di soggetti tutelati, e successivamente riscosse mediante prelevamento al Pos. Il Servizio Centrale di Protezione proseguono gli agenti – individuato lo stratagemma che aveva favorito gli illeciti prelievi, ha adottato una serie di correttivi per scongiurare il rischio che tali condotte potessero ripetersi nel futuro”. A quel punto, i dipendenti del ministero dell’Interno – due funzionari economico finanziari dell’amministrazione civile dellInterno (S.F. e F.G.), e un assistente capo della Polizia di Stato (P.F.), tutti in forza alla stessa Divisione – sono finiti ai domiciliari perché ritenuti responsabili di aver sottratto fondi al Servizio centrale di protezione.
M.