Tredici persone finite in carcere e trentacinque ai domiciliari. È il bilancio della maxi-operazione contro la ‘Ndrangheta, denominata Basso profilo, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro. Tra gli arrestati ci sono esponenti di spicco delle ‘ndrine calabresi, colletti bianchi “di Catanzaro e provincia” e politici: un “connubio diabolico”, scrive la Dda. Tra questi Francesco Talarico, assessore dell’Udc al Bilancio regionale, ora ai domiciliari con l’accusa di associazione per delinquere aggravata dal metodo mafioso e voto di scambio.
Nella lista degli indagati anche il segretario Udc Lorenzo Cesa, che secondo gli inquirenti avrebbe fatto parte “di un’associazione a delinquere agevolatrice dell’attività mafiosa”. Nel capo di imputazione, i pm scrivono che “i due politici avrebbero assicurato di intercedere con pubblici ufficiali in servizio presso enti pubblici, ovvero con amministratori di società in house a livello nazionale, nonché proponendosi di corrompere altri pubblici ufficiali preposti alle stazioni appaltanti ovvero, per le società in house, ai competenti uffici appalti”. I fatti risalgono al 2017.
“Ho ricevuto un avviso di garanzia”, ha confermato Cesa in una nota. “Mi ritengo totalmente estraneo, chiederò attraverso i miei legali di essere ascoltato quanto prima dalla procura competente. Come sempre ho piena fiducia nella magistratura. E data la particolare fase in cui vive in nostro Paese, rassegno le mie dimissioni da segretario nazionale con effetto immediato”.
Al centro dell’indagine l’imprenditore Antonio Gallo, detto il principino. “Un imprenditore eclettico – scrive il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri – che riusciva a muoversi con grande disinvoltura quando aveva di fronte ‘ndranghetisti doc, politici o imprenditori”. Secondo l’accusa, Gallo si è rivolto a Cesa per ottenere con modalità illecite appalti per la fornitura di prodotti infortunistici, erogati dalla sua impresa e banditi da enti pubblici economici e società in house.
“Questa inchiesta è la sintesi che diciamo da anni – ha spiegato Gratteri – la ‘ndrangheta spara di meno però corrompe sempre più, ha rapporti con il mondo della politica e dell’imprenditoria. Dimostra appieno il rapporto diretto tra ‘ndrangheta, politica e economia, con la consapevolezza che l’interlocutore è spesso la criminalità”.
Nel corso dell’indagine sono stati inoltre sequestrati numerosi beni: 59 società, 45 immobili, 29 veicoli, 77 conti correnti, un’imbarcazione, un rolex e sono stati accertati movimenti illeciti di denaro per un valore di oltre trecento milioni di euro.