Sulla tragedia della funivia del Mottarone gli accertamenti che verranno disposti dalla procura di Verbania sono “finalizzati a capire perché la fune si è rotta, se il sistema frenante aveva dei difetti. La risposta farà luce su responsabilità concrete”. Così il procuratore capo di Verbania Olimpia Bossi che indaga sull’incidente.
“Devo ancora chiarire con il consulente o i consulenti tecnici – aggiunge – quali saranno le modalità di esecuzione degli accertamenti e solo dopo farò gli avvisi perché alcuni accertamenti li farò direttamente sul luogo del disastro, ma la maggior parte dopo che sarà rimossa la cabina, operazione non facilissima né rapidissima”. “Non ho mai detto che a breve ci sarebbero stati nuovi indagati. Ho preso atto delle dichiarazioni rese dai testimoni, ho preso atto delle affermazioni del gip nell’ordinanza e voglio dire che i dipendenti sono stati ascoltati contemporaneamente dai carabinieri di Stresa pertanto non avevamo elementi per sentirli come indagati”, precisa. Quando il capo servizio Gabriele Tadini confessa di aver manomesso il sistema frenante di sicurezza, l’audizione viene sospesa e lui indagato. Dunque la possibilità di nuovi indagati “esiste in tutte le attività di indagine, non ho detto che è una certezza”.
Il procuratore capo di Verbania non si sente sconfitta dopo la decisione del gip che ha concesso i domiciliari per Tadini e ha rimesso in libertà il gestore dell’impianto Luigi Nerini e il direttore di esercizio Enrico Perocchio. “L’impianto accusatorio inteso come qualificazione giuridica del fatti non solo resta invariata ma è avallata dal giudice, mi riferisco in particolare all’ipotesi dolosa di rimozione dei dispositivi di sicurezza che è stata riconosciuta. E da lì che ripartiamo. Se per il giudice non c’erano indici sufficienti in quel momento, i tre restano indagati e la nostra attività di ricerca delle prove va avanti”, conclude il procuratore.