(Adnkronos) – I figli del maresciallo Antonino Lombardo, il sottufficiale dei Carabinieri trovato senza vita nella sua auto la sera del 4 marzo 1995, nel cortile della Legione Carabinieri Sicilia, come apprende l’Adnkronos, saranno ascoltati domani dalla Commissione regionale antimafia all’Assemblea regionale siciliana. Fabio e Rossella Lombardo, che da quasi 30 anni si battono per “chiedere giustizia” sulla morte del padre, a loro avviso ucciso e non morto suicida, sono stati convocati per le ore 11 a Palazzo dei Normanni. Proprio nei giorni scorsi i legali della famiglia Lombardo si sono rivolti nuovamente al Procuratore capo di Palermo Maurizio de Lucia, al Procuratore generale Lia Sava ma anche al ministro della Giustizia Carlo Nordio e al Procuratore generale presso la Corte di Cassazione, per chiedere, ancora una volta, di riesumare il corpo del sottufficiale. I parenti chiedono di indagare “per omicidio e non più per istigazione al suicidio”. Ecco perché chiedono di eseguire l’autopsia, dopo avere riesumato il cadavere del maresciallo Antonino Lombardo, ex comandante della stazione dei carabinieri di Terrasini (Palermo), poi transitato al Ros.
Il pool di consulenti di parte a cui si sono rivolti i Lombardo, infatti, “ha escluso, sulla base di accurata e motivata analisi scientifica, che il proiettile che ha ucciso il maresciallo possa essere stato esploso dall’arma in dotazione alla vittima”. La consulenza grafologica redatta da Valentina Pierro, criminologa e grafologa forense – scrivono i legali – “afferma con fermezza che la lettera-testamento rinvenuta accanto al corpo di Lombardo non sarebbe stata scritta dalla mano dello stesso ma da altro soggetto che tentava di imitarne la scrittura”.
Lombardo, qualche giorno prima di morire, era stato al centro di un durissimo attacco, nel corso della trasmissione di Michele Santoro Anno zero, da parte dei sindaci di Palermo e Terrasini dell’epoca, Leoluca Orlando e Manlio Mele, che lo avevano accusato di essere un pezzo delle istituzioni al servizio della mafia. Quando fu trovato senza vita gli venne trovata accanto una lettera-testamento in cui avrebbe scritto che gli attacchi contro di lui sarebbero stati da ricollegare al contributo che aveva fornito, sottotraccia, alla cattura di Totò Riina, avvenuta due anni prima della morte del maresciallo, il 15 gennaio 1993. Ma i figli hanno sempre detto che la scrittura non fosse la sua.
Lo scorso 6 giugno, l’avvocato Salvatore Traina, legale di fiducia della famiglia, scrisse così ai vertici della magistratura: “Rappresenta che sono già trascorsi 8 mesi dalla presentazione della denuncia; che alla denuncia sono state allegate una consulenza tecnica balistica che ha escluso fermamente che il proiettile che ha ucciso il maresciallo Lombardo possa essere stato esploso dall’arma impugnata dalla vittima, segnalando, al contempo, numerosi elementi tecnici incompatibili con l’ipotesi del suicidio, ed una consulenza grafologica che afferma che la lettera-testamento rinvenuta accanto al corpo del maresciallo Lombardo non sarebbe stata scritta dalla sua mano, ma da altro soggetto che tentava di imitarne la scrittura; insomma elaborati tecnici, redatti da Professionisti accreditati, che danno fondamento scientifico a quella che comunque è sempre stata vox populi, ribaltano completamente le conclusioni raggiunte superficialmente dagli inquirenti dell’epoca, in ordine alla causa della morte: non suicidio, ma omicidio”.
E ancora: “Che con istanza del 17/3/2023 era stato richiesto che si procedesse con incidente probatorio alla esumazione del cadavere ed all’esame autoptico, ma la Procura ha rigettato l’istanza difensiva ritenendola “allo stato non necessaria”, benché all’epoca dei fatti non fosse stata eseguita non solo alcuna autopsia sul cadavere del maresciallo Lombardo, ma – addirittura – neppure è stato redatto il verbale di ispezione cadaverica e gli stessi familiari (e nessun altro estraneo all’Arma) neppure hanno potuto visionare il corpo del proprio congiunto poiché, quando arrivarono in Caserma, trovarono il cadavere già nella bara, ripulito e rivestito con una divisa (non sua) frettolosamente reperita nei magazzini della Caserma, luogo del crimine”. Il legale ribadisce poi ancora che “in diverse occasioni la Difesa della Persona Offesa ha cercato di esercitare le prerogative riconosciutele dall’art. 335 co.3 ter cpp, norma introdotta dalla recente riforma proprio al fine di assicurare alla persona offesa una partecipazione al procedimento che possa essere consapevole, informata e attiva, ma che tali tentativi hanno dovuto scontrarsi con il muro di silenzio ed indifferenza opposto, inspiegabilmente, dalla Procura”.
“Il presente atto – scrive l’avvocato Traina -è espressione di una fortissima esigenza di giustizia e di verità, riconducibile non soltanto ai familiari del maresciallo Lombardo ma a tutte le Istituzioni che il maresciallo Lombardo ha rappresentato – Stato Italiano ed Arma dei Carabinieri – e mira, da un canto, a dare un rinnovato impulso a indagini che ormai appaiono urgenti ed irrinunciabili, e, dall’altro, ad offrire, ancora una volta, la disponibilità della Difesa a mettere al servizio degli Inquirenti il copioso materiale investigativo già raccolto, nell’ottica di una proficua collaborazione che miri ad accertare una verità rimasta nascosta per un tempo troppo lungo”.
Ecco perché la famiglia Lombardo, “reitera tutte le richieste sin qui formulate e disattese o inevase”, cioè che “vengano comunicati al Difensore della Persona Offesa il numero del procedimento, nonché lo stato dello stesso; che si richieda al GIP di procedere con incidente probatorio all’esumazione del cadavere del Mar. Lombardo ed all’esame autoptico mai svolto prima”. (di Elvira Terranova)