“In tema di digitalizzazione occorre pensare e agire in ottica One Health, un approccio che mette insieme il monitoraggio della condizione dell’uomo, dell’animale e dell’ambiente. Per il bene dei pazienti serve un patto sociale per la salute, sottoscritto da tutti gli operatori che hanno accesso ai dati”. Così Giorgio Moretti, fondatore e presidente di Dedalus, durante il convegno ‘Accelerare la sanità digitale’, promosso e organizzato a Roma da Dedalus in partnership con The G20 Health & development partnership.
“Digitalizzazione dei sistemi sanitari vuol dire ripensare i processi clinici e sanitari – ha sottolineato Moretti – con totale e profonda apertura all’accesso alle informazioni. Nel Pnrr ci sono 18 milioni di euro dedicati alla formazione. Le università e tutte le strutture private debbono collaborare per creare in tempi molto rapidi competenze cliniche profonde, in modo da permettere a chi si occupa di medicina clinica di formarsi per poter aiutare i colleghi tecnologi nell’utilizzo corretto delle informazioni”.
Sulla Digital One Health, Moretti ha evidenziato come sia “un tema fondamentale che richiede un’impostazione normativa lucida da parte della struttura centrale, in modo tale che d’ora in avanti qualunque progettualità di un Paese evoluto come l’Italia non possa prescindere dall’utilizzare metodologie, tecnologie normalizzate a livello di sistema Paese”. A proposito di sistema Paese, “l’Italia – ha concluso il numero uno di Dedalus – interpreta la privacy (normativa Gdpr) come un elemento ostativo al trasferimento dei dati. Invece, l’Europa costruisce la normativa sulla privacy con l’obiettivo opposto: facilitare lo scambio dei dati. Serve un deciso cambio di prospettiva del nostro Paese”.