“Le ricerche fatte fino ad ora confermano che il mix di vaccini” anti covid per la seconda dose “non solo funziona ma garantisce una migliore copertura”. Lo scrive su ‘Il Corriere della Sera’ Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri Irccs. “Non sarà che nel proporre il richiamo con Pfizer o Moderna in chi aveva già fatto AstraZeneca, Cts e governo si siano fatti condizionare dalla morte della ragazza di Sestri Levante?”, si chiede Remuzzi. “Fare la prima dose con un certo vaccino e la seconda con un altro (l’hanno chiamata vaccinazione eterologa) non è cosa di oggi; due vaccini diversi sono stati sperimentati per la prima volta a Parigi 34 anni fa per l’Hiv e si è capito subito che l’idea era buona”.
“Adesso chi lavora sull’Hiv segue la strada della vaccinazione eterologa (aperta da Daniel Zagury alla Pierre and Marie Curie University nel 1987) e lo stesso si fa per Ebola, tubercolosi, Epstein-Barr e altre malattie – prosegue il direttore – Ma lo si è già fatto anche per Sars-CoV-2: Sputnik è di fatto una vaccinazione eterologa, visto che l’adenovirus della prima dose è diverso da quello della seconda (e l’analisi ad interim dei dati di fase tre dimostra un’efficacia del 91,6% e una buona tolleranza)”.
“Prima di arrivare all’uomo i ricercatori hanno provato tutte le combinazioni possibili negli animali, per concludere che l’eterologa consente al sistema immune di riconoscere e neutralizzare l’intruso — nel nostro caso il virus — in regioni diverse e questo aumenta l’efficacia della vaccinazione. Per Sars-CoV-2 la combinazione dei due vaccini sfrutta le peculiarità di ciascuno dei due: AstraZeneca genera linfociti T (killer) che attaccano le cellule infettate dal virus per poi distruggerle; i vaccini a mRna invece provocano soprattutto una risposta anticorpale”, avverte.
“Come lo sappiamo? Dallo studio degli spagnoli: 663 persone con meno di 60 anni, che avevano già ricevuto AstraZeneca, dopo 8 settimane ricevevano Pfizer-BioNTech. I dati preliminari, annunciati il 18 maggio, dimostrano che la vaccinazione eterologa è altamente immunogenica e genera anticorpi che riconoscono e inattivano Sars-CoV-2 (nei test di laboratorio) più di quanto non si fosse mai visto con qualunque combinazione di vaccino omologo”, ricorda Remuzzi.
Poi c’è un studio fatto in Germania dal dipartimento di virologia dell’Università di Ulm. “E’ vero non sono ancora pubblicati ma lo saranno presto e chiunque li può vedere in ‘medRxiv’ in forma di pubblicazione non definitiva, accessibile alla comunità scientifica. Si tratta – ricostruisce Remuzzi – di 26 persone che hanno ricevuto AstraZeneca, seguita dopo 8 settimane da Pfizer, in cui si è registrata una potente risposta immune e soprattutto un’aumentata reattività delle cellule T contro Sars-CoV-2. Ma la parte più interessante di questo studio è che, almeno nei test di laboratorio, il siero dei soggetti trattati con due vaccini diversi inattiva le varianti inglese, sudafricana e persino quella indiana (si chiama delta ed è quella di cui abbiamo tutti tanta paura)”.
“Certo, 26 pazienti non sono tanti, ma lo studio è così elegante da lasciare pochi dubbi. Sempre su medRxiv ci sono i dati di un altro studio fatto a Berlino questa volta: i pazienti sono di più (340) e sono medici o infermieri. Viene fuori che fare prima AstraZeneca e poi Pfizer con 10-12 settimane di intervallo dà una forte risposta immune ed è molto ben tollerata. E non basta, fra qualche settimana finiranno gli studi iniziati in Inghilterra ormai da molti mesi. Questa volta i ‘pazienti’ (nel senso che hanno avuto la pazienza di sottoporsi a diversi schemi vaccinali) sono molti di più: 830. Un gruppo ha ricevuto Astr Zeneca e poi Pfizer a 4 o 12 settimane di distanza. E poi il contrario, prima Pfizer e poi AstraZeneca, sempre con intervalli diversi di somministrazione. E ci sono i ‘controlli’, cioè si è fatto il richiamo, con lo stesso preparato agli stessi intervalli, per poter dimostrare che la vaccinazione eterologa offriva davvero vantaggi misurabili”.
“A dirla tutta la vaccinazione eterologa qualche disturbo in più rispetto a quella con due dosi dello stesso vaccino lo dà. Febbre, soprattutto — nei giorni successivi alla seconda dose — nel 34% dei casi – avverte Remuzzi – E poi ci possono essere stanchezza, dolori articolari e muscolari. Succede nel 20-30% dei casi, sia con la vaccinazione eterologa che con quella tradizionale, ma si risolve tutto in pochissimi giorni, e nessuno di chi ha preso parte allo studio inglese ha dovuto essere ricoverato. Così la vaccinazione eterologa è una delle possibili soluzioni per vaccinare presto l’Europa e forse il mondo, e se quello che si è visto in laboratorio succede anche in vivo, chissà che non sia il modo di contrastare le varianti, per cui va trovata una soluzione presto”.