Il mix tra vaccini anti-Covid AstraZeneca-Pfizer per la prima e la seconda dose sarebbe sicuro. E’ quanto rileva uno studio dell’Università di Oxford che ha condotto una sperimentazione su 830 volontari dai 50 anni in su, di cui un estratto è stato pubblicato in una lettera inviata al Lancet. Un’ipotesi sulla quale però gli esperti si dividono.
“Sapere che, qualunque vaccino io abbia fatto prima, posso comunque andare a fare un altro vaccino e non cambia niente, anzi ho una buona risposta, penso sia importante”, sostiene Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova, commenta all’Adnkronos Salute. “Io ero uno molto cauto su questo – ricorda Bassetti – Infatti avevo detto ‘non mischierei i vaccini’, invece hanno mischiato e direi che hanno dimostrato che si possono mischiare. Mi pare un bel messaggio – sottolinea – non tanto per oggi quando alla fine le persone prendono il medesimo vaccino perché è inserito in un percorso, quanto per il futuro, cioè fondamentalmente per la terza dose che faremo a novembre-dicembre-gennaio”.
Sulla stessa linea il virologo Francesco Menichetti. “Il vaccino anti-Covid a piattaforma adenovirale tipo AstraZeneca o Johnson&Johnson può perdere efficacia a causa degli anticorpi che vengono prodotti nei confronti dell’adenovirus. Quindi l’ipotesi di fare richiami con vaccini con diversa piattaforma, a Rna messaggero, può avere un senso. Anche in questo caso si prende atto di sperimentazioni che sono importanti, ma sono preliminari”, afferma il primario di malattie infettive all’ospedale di Pisa all’Adnkronos Salute. “Comunque si tratta di vaccini efficaci in grado di sollecitare o la prima risposta o la memoria immunologica, quindi – sottolinea Menichetti – in modo laico non mi sentirei né di consigliarlo né di sconsigliarlo”. Ma se qualcuno che ha fatto la prima dose di AstraZeneca avesse riserve nel fare il richiamo, “chiarendo che la seconda dose non è assolutamente più pericolosa della prima e che se non si hanno avuto problemi può essere fatta con tranquillità, io credo che, con lo stesso intervallo a 3 mesi, potrebbe accedere anche a un vaccino a mRna. Questo però – precisa – dipenderà dalla disponibilità dei vaccini e dalle politiche che si intenderà attuare. Ma – rileva il virologo – il generale Figliuolo, sebbene militare, mi pare stia dimostrando una grande flessibilità. E dunque – conclude Menichetti – se ce ne fosse la possibilità, io non sarei scandalizzato né mi sentirei di estrarre il cartellino rosso”.
Boccia le ipotesi di utilizzo di un mix di vaccini anti Covid l’immunologo Mauro Minelli. “Certo è strano il mondo della ricerca. Ora, in corso d’opera e considerando l’immancabile refrain dell’essere ancora in stato d’emergenza, si prova a mixare, cambiando tra una dose e l’altra la tipologia del vaccino da quello a vettore virale a quello a mRna, pensando che al limite potrebbe verificarsi qualche ‘leggero’ effetto collaterale in più e, magari, un turno di lavoro perso nella giornata successiva alla somministrazione. Sarebbe meglio pensare a questo metodo come ultima chance”, afferma all’Adnkronos Salute il responsabile per il Sud della Fondazione italiana di Medicina personalizzata. “Nulla si sa dell’efficacia che la stessa miscela potrebbe avere sulle varianti, soprattutto su quella indiana che, d’altra parte, sembrano essere sufficientemente neutralizzate dai prodotti oggi disponibili somministrati secondo le attuali disposizioni canoniche – prosegue – Nulla si sa di quel che potrebbe accadere nei soggetti al di sotto dei 50 anni, visto che la sperimentazione è stata condotto su numero limitatissimo di persone ultracinquantenni”.
Minelli ricorda invece un’alternativa di cui si è parlato poco ma che potrebbe essere d’aiuto. “Si continua a non tener conto della casistica reale offerta da dati oggettivi e oggettivabili risultanti dall’impiego del vaccino Vaxzevria (AstraZeneca) che in ben 2700 persone del Regno Unito è stato, sia pure per una svista’ somministrato a dosaggio dimezzato funzionando quanto o addirittura meglio della dose piena. La riformulazione posologica di un prodotto già esistente e che, eventualmente rimodulato, potrebbe fornire, insieme a più alti margini di sicurezza correlati ad uguale capacità immunizzante, una disponibilità di dosi capaci di raddoppiare, con le dotazioni vaccinali oggi disponibili, il numero delle persone da immunoproteggere in ogni parte del mondo”.
“Certo ci vorrebbe anche qui una sperimentazione – polemizza Minelli – Ma perché, forse per il mix vaccini ‘vettore virale-mRNA’ non è stata avviata apposita sperimentazione e peraltro, da quel che risulta, su campioni di volontari numericamente piuttosto striminziti? E non sarebbe più logica una sperimentazione su dosi più contenute di uno stesso vaccino, piuttosto che su dosi piene di due vaccini diversi? E quanti volontari ci sarebbero già prontissimi e disponibilissimi a testare la mezza dose del vaccino a vettore virale?”. “Davvero non credo sia cosa di poco conto, o cosa per la quale non valga la pena avviare una nuova veloce sperimentazione. Richiesta, tra l’altro, da noi (Fondazione per la Medicina Personalizzata) già inoltrata all’Aifa con una comunicazione inviata alcune settimane fa al direttore generale dell’Aifa – ricorda Minelli – E, d’altro canto, che una scoperta o una semplice intuizione capace di apportare aggiustamenti e concreti miglioramenti in itinere ad invenzioni precedenti, possa scaturire addirittura da un errore, non credo affatto sia una novità visto che, per codificarla, gli inglesi hanno addirittura coniato il termine ‘serendipity’ per evidenziare la rilevanza dal caso nelle scoperte scientifiche. Ma di tutto questo – conclude – nelle cronache scientifiche di questi giorni continua a non esserci traccia!”.