(Adnkronos) – “Enea era avvolto in una copertina verde. Adesso è diventato un nostro bambino, nostro figlio. La mia speranza, però, è ancora che la sua mamma ci ripensi. Io vorrei che le arrivasse questo mio messaggio”. A parlare all’Adnkronos Salute è Fabio Mosca, direttore della Neonatologia e della Terapia intensiva neonatale del Policlinico di Milano. “Quando l’allarme è scattato, l’équipe della Terapia intensiva neonatale della clinica Mangiagalli di Milano di guardia oggi è accorsa: con due dottoresse e le infermiere siamo andati giù, abbiamo preso il bimbo, lo abbiamo visitato e stava bene. Lo abbiamo portato su in reparto”.
Enea, capelli scuri, ben curato, caucasico, è nato da circa una settimana. Il nome è quello che ha scritto la mamma nella lettera lasciata accanto a lui. Poche frasi, scritte in italiano. In Mangiagalli è ora coccolato dal personale. “Per quanto possibile cerchiamo di vicariare l’attenzione materna”, dice Mosca. Il fatto che sia stato lasciato nel giorno di Pasqua, “rende la cosa ancora più toccante”. Mosca non ha perso la speranza di un ripensamento: “Vorrei che questa mamma mi ascoltasse, può ancora riprendersi il suo bambino, voglio che sappia che noi possiamo aiutarla a farglielo crescere e che nulla è perduto. Io desidero parlare a questa mamma e dire che siamo pronti a starle accanto, di mettersi in contatto con me e con l’ospedale”, è l’appello.
Mosca ripensa ai tre bebè lasciati in 16 anni nella culla per la vita della Mangiagalli. “Tutti maschi. Ma la cosa che hanno in comune è anche un’altra: in queste storie c’è la disperazione di una mamma, che è attenta per il proprio bimbo e cerca di preservarlo. Questi bebè sono stati tutti lasciati in ottime di condizioni. Per il piccolo Enea la mamma ha scritto nella breve lettera delle parole dolci e questo deve farci riflettere, interrogare. Perché se non riusciamo a intercettare il disagio di mamma che si trova in condizione di abbandonare un bimbo, certo per sua scelta, ma ci deve far riflettere. Forse non siamo ancora tanto bravi a cogliere i segnali allarme. La culla per la vita ha funzionato e su questo siamo soddisfatti da un punto di vista tecnico. Ma questa deve essere l’occasione per pensare. E vivere l’accaduto anche un po’ come una sconfitta da una parte”.
Mosca tiene a ricordare le opzioni che hanno a disposizione le mamme in difficoltà: “E’ utile che si sappia che la mamma può partorire in ospedale in anonimato e andare via, senza dover mettere il suo bimbo nella culla per la vita, o peggio, pensare ad abbandoni più tragici. Non sono alti i numeri di questi casi, cioè di donne che utilizzano la normativa vigente che permette di abbandonare il neonato in ospedale dopo un parto avvenuto in modo sicuro, in ospedale assistite e non in situazioni precarie. In Mangiagalli succede per qualche bambino ogni anno. Tra l’altro qui c’è anche il Centro di aiuto alla vita che è in grado di aiutare prima, durante e dopo il parto le mamme in difficoltà che vogliono tenere il proprio bambino. E’ importante che una mamma in difficoltà sappia che non è sola, cerchiamo di dare appigli e aiuti”.