Il vice premier e ministro dellInterno Matteo Salvini elogia apertamente la guardia costiera della Libia in merito al salvataggio di cui è stata protagonista in queste ore. Come noto, infatti, la guardia costiera della Libia ha recuperato e, fortunatamente, riportato indietro i venti migranti che tramite attraverso il numero di emergenza di Alarm Phone avevano spedito lallarme. I soccorsi sono andati a buon fine e dunque il ministro Salvini ha speso parole di encomio nei confronti della guardia costiera della Libia.
Migranti, Salvini: lusinghe alla Libia. Ricondotti in sicurezza i venti migranti dopo il lanciato allarme
Senza negarsi toni di soddisfazione, il ministro dell’interno Matteo Salvini ha parlato del caso con toni che ricalcano leitmotiv tematici a cui il leader del Carroccio tiene particolarmente. “I famosi 20 che ’stavano affondando’ sono stati prontamente salvati dalla guardia costiera libica e riportati a terra. Molto bene!”: così si è espresso il ministro dellInterno Salvini mentre, di contro, lopinione di Alarm Phone è del tutto opposta: “La cosiddetta guardia costiera libica ha intercettato la barca. Le 20 persone saranno riportate in una zona di guerra da una milizia finanziata dall’Ue. È una vergogna che questo respingimento illegale e disumano avvenga nell’indifferenza generale”. Due modi di leggere la vicenda, come si evince, in qualche modo contrastanti tra loro. Del resto la situazione era parsa tesa fin dallinizio. A seguito del lanciato allarma da parte dei migranti (“se non arriveremo in Italia moriremo tutti”), dalla Ong Sea Watch serano subito alzate le critiche: “Né gli Stati né le compagnie private vogliono aiutarli”. Al contrario, Salvini aveva dichiarato che la barca “è in Libia, lontanissimo dall’Italia”. Al momento, però, al di là dei venti a bordo, si segnalano otto dispersi. Daltra parte la Libia in queste ore è teatro di una drammatica escalation di terrore e da scontri armati che stanno inducendo molti alla fuga. Ecco perché i viaggi della speranza si stanno susseguendo in quelle che l’Unhcr definisce come “condizioni di insicurezza”