Non ha dubbi il comandante della Sea Watch 3 Arturo Centore
in merito al caos migranti da cui è stato investito: “Rifarei tutto”
dice il comandante della Sea Watch 3, e lo ammette con franchezza e lucidità
uscendo dal palazzo di giustizia di Agrigento dove è stato interrogato. Un
interrogatorio lungo, snervante, durato oltre sei ore. Uscendo provato ma non
pentito, alla luce delle ragioni per le quali ammette di aver agito, il
comandante della Sea Watch 3 Arturo Centore afferma: “Rifarei tutto quello
che ho fatto, per salvare vite umane in mare rifarei tutto. Sono state salvate
delle vite umane, non è un problema ideologico. Anche dopo lo sbarco dei primi
migranti, per i 47 che restavano sulla nave non cera altra scelta che portarli
nel porto di Lampedusa”
Migranti, parla il comandante: lo rifarei. Sono state salvate
vite umane
Queste sono le parole con cui Arturo Centore, comandante
della Sea Watch 3, terminato il lungo interrogatorio presso il palazzo di
giustizia di Agrigento si è espresso. Sottoposto al pressing delle domande dei
pm, Arturo Centore, comandante della Sea Watch 3, ha senza alcun dubbio assunto
la responsabilità delle scelte operate sulla rotta da seguire presentando anche
i documenti di bordo che riguardano le trasmissioni andate in corso con le sale
operative dei diversi Paesi a cui è stato chiesto dal soccorso.
Aggiornamento ore 08.04
La vicenda Sea Watch 3 che ha visto Arturo Centore,
comandante della Sea Watch 3 sottoposto ad oltre sei ore di interrogatorio si
colora di nuovi particolari relativi allazione specifica svolta nel merito dai
pm. I quali hanno prontamente chiesto di perquisire la nave ottenendo da parte del
personale di bordo una totale collaborazione, tranne in un caso: si tratta di una
giornalista americana, inserita negli elenchi dellequipaggio della nave, la
quale si è rifiutata di consegnare la telecamera finché il suo avvocato di New
York non le avesse fornito ragguagli nel merito. I magistrati avevano chiesto
di ottenere delle copie dei filmati lasciandole loriginale ma, di fronte al
diniego, si sono sentiti obbligati a procedere al sequestro di tutti i
dispositivi. La stessa Procura di Agrigento poi ha voluto in queste ore
glissare circa le accuse del ministro Salvini: “Abbiamo agito in stretto
coordinamento con la polizia giudiziaria. Erano tutti informati, tutti: a
dirlo è il procuratore aggiunto Salvatore Vella, che è a capo del fascicolo. Quello
che sorprende è la reazione del ministro. Il nostro lavoro è prendere i
cattivi, bianchi o neri che siano. Se, oltre ai trafficanti africani e libici,
ne individueremo di europei abbiamo tutte le capacità, la forza e il coraggio
di andare avanti. Ma questo clima di tensione, disancorato dalla conoscenza dei
fatti, non aiuta”.
Aggiornamento ore 11.01