Giovedì ha salvato 30 migranti che si trovavano al largo delle coste della Libia a bordo di un gommone in avaria, ora la Mare Jonio, la nave di Mediterranea Saving Human è entrata in acque italiane e ha chiesto un porto sicuro dove poter far sbarcare i migranti, tra cui figura una bambina di un anno. La nave, per evitare di rimanere a lungo in mare aperto, ha fatto rotta verso le acque italiane e punta verso Lampedusa. Ieri sera la sala operativa della Guardia Costiera di Roma, trasmettendo la decisione del Viminale, aveva suggerito alla Mare Jonio di coordinarsi con le autorità libiche.
Mare Jonio: “Ci hanno detto di chiedere alla Libia”
“Coordinarsi con le autorità di un paese in guerra?, è stata la risposta allibita del personale di bordo, che ha poi invertito la rotta per puntare lItalia. Allalba, appena la nave è entrata in acque italiane, due motovedette della Guardia di Finanza di Lampedusa hanno raggiunto limbarcazione per un controllo di polizia, la nuova misura formulata dal Viminale e adottata da tutte le forze dell’ordine, della Marina e della Guardia costiera per fermare le navi con a bordo migranti.
Questa volta però il controllo non si è tramutato in un altcome successo invece un paio di mesi fa, quando la Mare Jonio fu raggiunta dalla Guardia Costiera che le ha intimato di fermarsi. In quel caso il comandante della nave ha deciso comunque di dirigersi verso Lampedusa, per poi essere accusato di favoreggiamento allimmigrazione.
La stessa situazione si sta riproponendo ora, con la Mare Jonio che ha chiesto di poter sbarcare in un porto sicuro senza però, al momento, trovare lassenso da parte del Viminale. La stessa Ong, tramite Twitter ha reso note le proprie intenzioni:
“Chiediamo l’ingresso in un porto sicuro dove sbarcare uomini, donne e bambini. Nella notte abbiamo chiesto al Centro di coordinamento dei soccorsi italiano (MRCC di Roma) un porto sicuro. Ci è stata inoltrata una mail del Viminale che chiede di fare riferimento alle Autorità Libiche, quelle di un Paese in guerra dove i diritti umani non esistono”, ha concluso la Ong.