MICHIGAN – L’FBI SI AFFRETTA A SOSTENERE CHE SI È TRATTATO DI ‘UN INCIDENTE ISOLATO’, MA L’AGGRESSIONE DEL TUNISINO CONTRO UN AGENTE AEROPORTUALE HA SCONVOLTO GLI USA

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    L’aggressione avvenuta ieri all’interno dell’aeroporto internazionale Bishop di Flint (nel Michigan), ha lasciato l’America intera senza fiato: la minaccia jihadista è sempre presenta e guai ad abbassare la guardia. Dal canto suo oggi, l’agente speciale David Gelios – portavoce del Bureau a Detroit – ha tenuto a sottolineare che si è trattato  di un “incidente isolato”, come dire: ‘può capitare’. Ma l’impatto mediatico è stato forte, e la stessa  l’Fbi ha comunque avviato un’inchiesta per terrorismo. La dinamica dell’aggressione non si discosta dal tipico ‘modus operandi’ adottato dalle cosiddette ‘cellule dormienti’ le quali, un bel giorno ‘si svegliano’ trasformandosi in micidiali strumenti di morte, e comunque di terrore. Infatti il 50enne  AM.F., cittadino canadese (risiede  nel Quebec condoppia cittadinanza canadese e tunisina), a Montrèal, dove vive con moglie e figli,  è stato descritto dai suoi vicini di casa, come un persona perbene e molto riservata. Eppure ieri qualcosa deve aver ‘acceso’ la miccia: entrato negli Stati Uniti lo scorso venerdì,  legalmente, ha traversato il confine all’altezza del lago Champlain, nello stato di New York, per poi recarsi a Flint. La ricostruzione dei suoi spostamenti, ha riferito l’Fbi, lo collocano poi nell’aeroporto dove, al ‘classico’ grido di ’Allah Akbar’, si è avventato con un coltello, contro l’agente di polizia Jeff Neville, colpendolo gravemente al collo. “Avete ucciso persone in Siria, Iraq e Afghanistan e moriremo tutti”, ha urlato il 50enne tunisino, mentre gli sono saltati addosso in 4 per bloccarlo. Un’azione fortunatamente ‘lieve’, che se attuata in un vagone della metropolitana, avrebbe creato il panico, con conseguenze mediatiche ancora peggiori. Ma il messaggio è stato lanciato: siamo ovunque, e possiamo colpire in qualsiasi momento’, davvero una bella sfida per l’intelligence Usa…

    M.