“È tutto da vedere, perché non basta il suo arresto”. Salvatore Borsellino risponde così a una domanda di iNews24 su cosa cambierà negli ambienti della mafia, dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro. “Un arresto che tra l’altro avviene dopo un tempo assolutamente assurdo e interminabile. È assurdo che un personaggio di questo calibro trascorra trent’anni in latitanza. Ed è la stessa cosa che è successa con Riina, con Provenzano. Adesso cosa cambia? Dovremo vedere. Dipende se si sia trattato solo di un’operazione di polizia o se ci sia qualcosa dietro, come sinceramente mi capita di pensare anche osservando le scene della cattura”, continua il fratello del magistrato Paolo Borsellino. “Non è normale che un latitante del suo calibro venga accompagnato nell’auto che lo porterà alla sua nuova destinazione come se fosse fatto accomodare in un taxi. C’è qualcosa che mi turba nel vedere quella scena. Io ricordo che Totò Riina fu ammanettato e spinto nell’auto. E al confronto, la scena di Matteo Messina Denaro accompagnato nel vano, c’è qualcosa che non mi quadra”.
Salvatore Borsellino ricorda l’intervista di Massimo Giletti a Salvatore Baiardo: “Io non posso scordare quell’intervista a novembre. Una persona che sicuramente conosce bene l’ambiente mafioso, che lancia spesso messaggi per conto dei Graviano, mesi fa parlava di una possibile resa di Matteo Messina Denaro che però avrebbe comportato un qualche tipo di “trattativa” – come detto esplicitamente da lui – per assicurare questa resa. Tutto mi turba e non mi fa essere contento del risultato dell’azione di polizia, e mi preoccupa immaginare un’ennesima trattativa tra mafia e Stato, perché una trattativa comporta sempre una contropartita”.
Secondo il fratello di Paolo Borsellino, “non è pensabile che trent’anni di latitanza possano essere assicurati solo dalla rete di connivenze di cui Messina Denaro sicuramente godeva nel suo territorio. Per questo tipo di latitanza, come per quelle di Riina e Provenzano, sono indispensabili anche le coperture istituzionali: se non altro delle “talpe” nelle strutture statali che possono avvisare i latitanti. Spesso è successo che venissero fatte irruzioni in altri covi e residenze di Matteo Messina Denaro: erano ancora “caldi” ma di lui non c’erano tracce. Quindi che la sua latitanza, come quelle di Riina e Provenzano siano state favorite, in qualche modo, non c’è dubbio. La stessa sentenza di Appello di Palermo nel processo sulla Trattativa, parla di una latitanza “soft”, in qualche maniera “protetta” per quanto riguarda Provenzano. Questo è un bruttissimo sintomo che lo Stato possa arrivare a trattare con la mafia per ottenere risultati come questo”.
Infine, sull’ergastolo ostativo commenta: “Troppo a lungo il Parlamento è stato inerte anche sulla raccomandazione della Corte Costituzionale di intervenire. Nei precedenti governi sono state perse tante occasioni. E se si intervenisse per impedire che criminali di questo calibro e non soltanto – senza aver collaborato con la giustizia, possano godere di benefici penitenziari come l’interruzione della pena dell’ergastolo dopo un certo numero di anni – sarebbe un grande merito per questo governo, visto il tentennamento di quelli precedenti su questa problematica”.
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