(Adnkronos) – Non ratificare la riforma del Mes può essere solo una scelta politica, dettata dalla volontà di mantenere ferma una posizione assunta in un contesto diverso da quello attuale. Per la semplice ragione che qualsiasi parere tecnico non può che accertare come gli effetti della ratifica siano neutri, sia per quanto riguarda l’impatto sui conti pubblici, sia rispetto alla libertà, che resta inalterata, di non utilizzare lo strumento in futuro. E’, in estrema sintesi, quello che ha accertato il parere depositato dal ministero dell’Economia in commissione Affari esteri e comunitari alla Camera.
Il Tesoro ha messo nero su bianco che dalla ratifica dell’accordo sul Mes “per quanto riguarda gli effetti diretti sulle grandezze di finanza pubblica non discendono nuovi o maggiori oneri rispetto a quelli autorizzati in occasione della ratifica del trattato istitutivo del Meccanismo europeo di stabilità del 2012”. Soprattutto, in modo ancora più netto, nella lettera inviata al presidente Giulio Tremonti si dice che “non si rinvengono nell’accordo modifiche tali da far presumere un peggioramento del rischio legato a suddetta istituzione”.
Traduzione grossolana: il nuovo Mes non cambia di una virgola la situazione per l’Italia rispetto a prima. Con una sostanziale differenza: con la ratifica dell’Italia, unico Paese che manca, lo strumento può funzionare e svolgere la funzione per cui è stato pensato, ovvero proteggere il sistema da eventuali dissesti bancari. Di fronte a questo nuovo elemento, il parere del Mef, la Commissione si è presa 24 ore di tempo e ha chiesto un’audizione del ministro Giancarlo Giorgetti. Anche perché, a questo punto, il no alla ratifica resterebbe sorretto solo da valutazioni esclusivamente politiche e non di merito.
Il documento del Tesoro si aggiunge agli altri pareri tecnici finora prodotti. In un documento pubblicato sul sito della Banca d’Italia, ‘Il Meccanismo europeo di stabilità (MES – European Stability Mechanism, ESM) e la sua riforma: domande frequenti e risposte’ sono raccolti una serie di chiarimenti. Eccone, in sintesi, alcuni.
Il Meccanismo europeo di stabilità (MES – European Stability Mechanism, ESM) è stato istituito mediante un trattato intergovernativo, al di fuori del quadro giuridico della UE, nel 2012. La sua funzione fondamentale è concedere, sotto precise condizioni, assistenza finanziaria ai paesi membri che – pur avendo un debito pubblico sostenibile – trovino temporanee difficoltà nel finanziarsi sul mercato. La condizionalità varia a seconda della natura dello strumento utilizzato: per i prestiti assume la forma di un programma di aggiustamento macroeconomico, specificato in un apposito memorandum; è meno stringente nel caso delle linee di credito precauzionali, destinate a paesi in condizioni economiche e finanziarie fondamentalmente sane ma colpiti da shock avversi.
Il MES attenua i rischi di contagio connessi con eventuali crisi di un paese dell’area dell’euro, rischi che in passato si sono materializzati e hanno avuto gravi ripercussioni sul nostro paese (come è accaduto, ad esempio, a partire dal 2010 con la crisi della Grecia). La presenza del MES riduce la probabilità di un default sovrano, almeno per i paesi le cui difficoltà sono temporanee e possono essere risolte con prestiti o linee di credito (per gli altri non cambia nulla).
Il MES ha un capitale sottoscritto pari a 704,8 miliardi, di cui 80,5 sono stati versati; la sua capacità di prestito ammonta a 500 miliardi. L’Italia ha sottoscritto il capitale del MES per 125,3 miliardi, versandone oltre 14. I diritti di voto dei membri del Consiglio sono proporzionali al capitale sottoscritto dai rispettivi paesi. Germania, Francia e Italia hanno diritti di voto superiori al 15 per cento e possono quindi porre il loro veto anche sulle decisioni prese in condizioni di urgenza.
La riforma non prevede né annuncia un meccanismo automatico di ristrutturazione dei debiti sovrani. Come nel Trattato già oggi in vigore, non c’è scambio tra assistenza finanziaria e ristrutturazione del debito. La riforma chiarisce che le verifiche preliminari sulla sostenibilità del debito del paese che chiede assistenza non hanno alcun carattere di automaticità (sono condotte con un “margine di discrezionalità sufficiente”) e ribadisce che il coinvolgimento del settore privato nella ristrutturazione del debito rimane strettamente circoscritto a casi eccezionali. La riforma, inoltre, attribuirebbe al MES una nuova funzione, quella di fornire una rete di sicurezza finanziaria (backstop) al Fondo di risoluzione unico (Single Resolution Fund, SRF) nell’ambito del sistema di gestione delle crisi bancarie. (di Fabio Insenga)