MENTRE ROMA ASPETTA, NEL MINI DIRETTORIO DEI M5S SCOPPIA IL PUTIFERIO: ROBERTA LOMBARDI RASSEGNA LE DIMISSIONI. LA LINEA RAGGI NON TROVEREBBE CONSENSI INTERNI

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    Non se ne esce. La neo amministrazione capitolina continua a tergiversare rispetto alla (tanto attesa) azione promessa agli elettori romani. Ora l’agenzia di stampa Adnkronos – spiegando di averlo appreso da fonti autorevoli – ha riportato che ‘dopo l’empasse sul capo di gabinetto – con Virginia Raggi decisa a sostenere la nomina di Daniele Frongia e Raffaele Marra suo vice ma poi costretta a desistere – i rapporti tra il mini direttorio romano e la sindaca grillina sono ormai ridotti al lumicino. Dunque Roberta Lombardi avrebbe rassegnato ieri dimissioni irrevocabili. Evidentemente a nulla sono valsi i continui confronti ‘interni’ tra lo staff -composto da Paola Taverna e Roberta Lombardi, l’europarlamentare Massimo Castaldo e il consigliere Gianluca Perilli. L’Adnkronos, spiega che la deputata non vuole lasciare nessuna dichiarazione in merito. In realtà la Lombardo già alcune settimane, nell’ambito dell’empasse Frongia-Marra, aveva espresso la volontà di lasciare. Del resto le nomine della raggi tradivano in qualche modo il codice etico sottoscritto dai grillini della Capitale, dove si spiega che ciascuna nomina è da concordare con il mini direttorio. Quello di Frongia, che aveva corso alle elezioni per fare il consigliere e non il capo di gabinetto, era divenuto una forte causa di scontro e, supportata da Perilli, più volte la Lombardo – che non condivideva questo cambio di poltrone in corsa – aveva fatto sentire la sua voce alla Raggi.  In molti sostengono ora che il blitz di Grillo in Campidoglio altro non sarebbe servito se non ha tentare una mediazione in seno al frastagliato direttorio romano. Del resto, dopo una così eclatante vittoria (per una città così prestigiosa), al Movimento tutto occorre tranne che una rovinosa caduta d’immagine. La situazione è oira abbastanza tesa, con ‘rumours’ che non escludono, a seguire, altri clamorosi abbandoni. Ma Roma non può aspettare: c’è bisogno di lavorare, ed anche in fretta.

    M.