Mense scolastiche sempre più care, 300 euro al mese per i nidi

    Un’Italia nuovamente spaccata in due. Nord contro Sud su costo ed efficienza delle mense scolastiche. Il nuovo Rapporto di Cittadinanzattiva “Servizi in…Comune. Tariffe e qualità di nidi e mense” ha analizzato nel dettaglio le spese affrontate dai neo genitori in ambito scolastico, ma anche la qualità dei servizi. Un coppia con un bimbo piccolo e Isee inferiore ai 20mila euro paga in media 300 euro al mese. Per quanto riguarda la mensa alla materna e alla primaria si parla di circa 82 euro. Ma è proprio qui che scattano le notevoli differenze tra regioni e capoluoghi: per i nidi si va dai 100 euro al mese che si spendono a Catanzaro ai 515 euro richiesti a Lecco; per la mensa scolastica la forbice è tra i 32 euro di Barletta ai 128 euro di Livorno. Ancora una volta dunque l’Italia si conferma a due velocità sui servizi per l’infanzia e scolastici: il Sud, virtuoso sui costi, arranca però sulla disponibilità di posti negli asili e sulla carenza del servizio di refezione scolastica. La copertura dei nidi sulla potenziale utenza è solo dell’11,2%, rispetto alla media nazionale del 21,7%; in sette regioni del Sud e delle isole, più dei due terzi dei bambini non usufruisce del servizio mensa.
    Il lavoro della Onlus sull’analisi di tariffe e qualità dei due servizi “nasce dai dati crescenti sulla povertà e vulnerabilità delle famiglie italiane e dei minori, sull’aumento dell’obesità infantile e sulla forte disparità nell’accessibilità e nei costi sul territorio nazionale di servizi per l’infanzia”, spiegano i promotori. Una ricerca che porta a proposte concrete. Sugli asili Cittadinanzattiva chiede trasparenza nella gestione delle risorse per evitare disparità territoriali, aumento della copertura e sostegno alle famiglie per il pagamento delle rette. Rispetto alle mense la richiesta è che il servizio rientri nei livelli essenziali delle prestazioni, così come già avviene per la refezione negli ospedali; commissioni mense in tutte le scuole; il pasto come momento educativo. Ecco dunque l’approfondimento che mette in luce anche il fatto che le tariffe restano sostanzialmente stabili a livello nazionale per gli asili nido, mentre sono in leggera crescita per le mense scolastiche: +0,7% nell’infanzia e +1,4% nella primaria. Insomma, aumentano i costi per far mangiare a scuola i propri figli proprio mentre si afferma sempre di più il movimento del “panino libero”. Nella stessa indagine un bambino e un docente su cinque confermano la presenza di alcuni compagni che portano il pasto da casa, consumato in un tavolo separato o nell’aula in cui si fa lezione. Il tutto in un clima di scontro, che porta a discriminare i bambini, sul sistema tariffario come il recente caso scoppiato a Lodi. La Calabria è la regione più economica per i nidi: la spesa è di 160 euro in media. Il Trentino Alto Adige la più costosa (472 euro). Fra i capoluoghi di provincia Catanzaro è la più economica (100 euro), Lecco la più costosa (515 euro). Il calcolo è stato fatto considerando quanto una famiglia tipo (due adulti con un bambino da zero a tre anni e un Isee di 19.900 euro) sostiene per il nido comunale nell’anno scolastico in corso.
    A livello nazionale le tariffe non sono variate. Questo non toglie che nelle varie realtà ci siano stati ritocchi verso l’alto o il basso. In Sicilia si registra l’aumento più consistente (+4,6%) rispetto al 2017/18; segue la Campania (+4%); mentre in Liguria c’è stata una riduzione dei costi del 5%. Aumento record dell’80%, poi, ad Agrigento, mentre le rette diminuiscono a Ravenna (-20,5%), La Spezia (-18%), Bologna (-17,8%), Ferrara (-10%) ed Udine (-4,8%).
    Alle disparità sui costi si affiancano differenze anche più rilevanti sulla disponibilità di posti nei nidi pubblici. La copertura media nazionale dei nidi sulla fascia di età 0-2 anni è del 21,7%. Al Centro il primato positivo (30,2%), seguito dal Nord Est (28,1%), Nord Ovest (24,2%); fanalino di coda Sud e isole all’11,2%. “Sebbene abbiamo assistito ad un aumento del 50% di posti disponibili nel 2016 (315.683) rispetto al 2008 (210.541) – il commento dei curatori del Dossier – siamo ancora lontani dall’obiettivo di copertura del 33% indicato dall’Unione europea”. Le uniche regioni a superare tale soglia sono la Valle D’Aosta, l’Umbria, l’Emilia Romagna e la Toscana. In Campania e Calabria, all’opposto, non si raggiunge nemmeno la soglia del 10%. Si attesta intorno agli 82 euro la tariffa media nazionale per il servizio mensa nella scuola dell’infanzia o primaria. La mensa costa di più alle famiglie dell’Emilia Romagna che spendono mensilmente 104,10 euro; nella scuola dell’infanzia le famiglie meno tartassate sono quelle sarde con una spesa media per la mensa di 64,70 euro e nella scuola primaria le pugliesi con 67,40 euro. L’aumento più rilevante (+11,5%) si registra nel servizio di ristorazione scolastica dell’Umbria, il maggior decremento invece in Sicilia (-7% per la mensa dell’infanzia e -2,7% per quella della primaria). Diminuisce il costo anche in Liguria (-3,2% in entrambi i cicli). Si confermano come città meno cara Barletta (32 euro mensili) e come più cara Livorno (128 euro). L’indagine di Cittadinanzattiva ha riguardato 51 scuole di 12 regioni (Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia e Umbria); 598 gli intervistati fra bambini, docenti, genitori e rappresentanti della Commissione mensa. Il 10% non dispone di un locale mensa, ma si utilizzano le aule in cui si fa lezione o altre dedicate per far mangiare i bambini. Le mense monitorate sembrano in discreto stato dal punto di vista della sicurezza: solo il 4% ha distacchi di intonaco e l’8% altri segni di fatiscenza come umidità, infiltrazioni di acqua. Barriere agli ingressi nel 4% delle mense, pavimentazioni irregolari nell’8%, porte con apertura anti panico assenti nel 45% dei casi, il dato più allarmante.
    L’85% dei bambini ritiene che i locali siano abbastanza o molto puliti e luminosi e sicuri per l’81%. Fra gli aspetti negativi segnalati dai bambini, l’80% ritiene che siano molto rumorosi, il 57% poco accoglienti e il 45% poco allegri. Secondo i piccoli utenti gli arredi lasciano a desiderare: il 37% dichiara, infatti, che non siano né adatti né confortevoli. Il 57% dei bambini dichiara di mangiare in mensa con piacere, soprattutto perché può stare insieme ai compagni (90%). Fra quelli che non amano mangiare a scuola, il motivo per due bimbi su tre è la monotonia del cibo, per circa la metà la scarsità delle porzioni, per uno su quattro la fretta con cui bisogna mangiare e l’ambiente poco confortevole e colorato. Solo il 14% dei bambini dice di mangiare tutto, il 35% solo alcuni cibi, in particolare dolci e gelato (77%), pizza (75%), carne (63%), frutta fresca (58%), pasta al pomodoro (50%). Fra i cibi meno graditi – e non è una novità – le verdure cotte e le minestre (rifiutati da due terzi dei bambini), il pesce (sgradito al 58%), la pasta in bianco (44%). Visto dai genitori le cose cambiano. Per l’81% il menù è vario e rispetta la stagionalità dei prodotti; il 65% ritiene che le porzioni siano equilibrate e l’83% che i propri figli mangino volentieri a mensa. Molto c’è da fare per limitare gli sprechi. Colpisce che l’acqua servita è quella di rubinettosolo nel 31%; nel 66% dei casi si beve acqua minerale. I cibi avanzati, poi, vengono per lo più buttati (59%), oppure riproposti a merenda (soprattutto pane e frutta).