(Adnkronos) – L’orizzonte è quello della legislatura. Il ‘piano Mattei’ promosso da Giorgia Meloni sin dal giorno del suo insediamento torna in scena prepotentemente nella prima visita ufficiale del premier ad Algeri. Cinque anni per trasformare l’Italia nell’hub europeo per il gas, capace di smistare energia al resto d’Europa. Con un approccio “non predatorio”, tiene a rimarcare il presidente del Consiglio che, non a caso, ha dato alla strategia di lungo periodo a cui lavora il governo il nome del fondatore dell’Eni. Perché uno dei pilastri su cui regge il piano Mattei è quello di garantire “una crescita reciproca” a quei Paesi ricchi di gas e materie prime -Algeria in testa- diventati ancor più strategici dopo l’attacco della Russia a Kiev. E che, se messi nelle condizioni di cavalcare la crescita, potrebbero trasformare questa opportunità in un Giano bifronte, rallentando i flussi migratori verso l’Europa.
Facile a dirsi, complicato a farsi. Meloni inizia la seconda giornata della sua missione proprio con una visita ai giardini intitolati a Enrico Mattei, nel cuore di Algeri. Il vento soffia gelido, la pioggia non accenna a placarsi. Due bambini l’attendono per gli ‘onori di casa’ con i piedi seminudi, due bicchieri colmi di latte in segno di benvenuto. A pochi metri il numero 1 dell’Eni, Claudio Descalzi, incalzato dai cronisti, non nega le difficoltà di un progetto che guarda all’Italia come hub europeo. Perché, per centrare l’obiettivo, non occorre solo gas -e l’Italia ha mostrato in questi mesi di saperlo portare a casa anche a condizioni cambiate in corsa- ma “anche infrastrutture”, dunque superare quei “colli di bottiglia” che Descalzi colloca nel sud del Paese e che rischiano di non farci “esprimere un grande potenziale”.
Quel che più conta, ora, “è dare sicurezza energetica a costi bassi, poi la centralità dell’Italia viene da sé”, dice ancora il numero 1 dell’Eni. Ottimista sull’azzeramento del gas russo “nell’inverno ’24-’25”, dunque in linea con le previsioni. Per non disattenderle, anche Meloni gioca la sua partita. Nel Palazzo Presidenziale algerino annuncia altri viaggi nel Nord Africa “già nelle prossime settimane”, nel segno del piano Mattei che rappresenta un'”opportunità per l’Europa tutta”, ma anche determinanti per recidere definitivamente le forniture di gas da Mosca. Su questa rotta il governo procede a vele spiegate, col vento in poppa, ma sono altre le questioni in cui, a Roma, Meloni deve navigare contrastando correnti avverse: le polemiche sulla giustizia che non accennano a placarsi, la stretta sulle intercettazioni con le toghe sul piede di guerra, i benzinai pronti allo sciopero, il nodo balneari che rischia di trasformarsi in un nuovo boomerang mediatico.
Subito dopo le dichiarazioni congiunte alla stampa con il Presidente algerino Abdelmadjid Tebboune, Meloni si allontana brevemente dal Palazzo presidenziale per rispondere alle domande dei cronisti italiani. Tredici minuti in cui si dichiara soddisfatta della visita, dei risultati raggiunti dall’Italia in Algeria -5 intese, non solo gas ma anche infrastrutture, spazio, idrocarburi- rilancia il ‘piano Mattei’ e non si sottrae alle note dolenti, al fuoco incrociato di domande sui temi più caldi.
A partire dalla giustizia, dove ribadisce la piena fiducia al Guardasigilli Nordio -“ho lottato personalmente” per averlo in via Arenula, ricorda- e assicura che il cronoprogramma che intende stilare con lui non riguarda solo la giustizia, “ma tutti i diversi ministri”, per definire “un calendario” delle cose da fare. Tra queste, però, annovera anche la stretta sulle intercettazioni, rispetto alla quale non arretra ma che mette giù in chiave positiva, cercando di svelenire il clima. E tendendo la mano a una magistratura già sul piede di guerra.
“È necessario mettere mano alle cose che non funzionano, e quello che non funziona è un certo uso che si fa delle intercettazioni – scandisce sicura -. Dobbiamo cercare le soluzioni più efficaci per capire quali punti che riguardano lo stato di diritto che non funzionano, senza la necessità che ciò si traduca in polemiche o scontri” tra “politica e magistratura, credo anzi che si debba lavorare insieme”. Tentativo non sempre salvifico. Ne sanno qualcosa i benzinai, che, dopo il dialogo con il governo e il tavolo al ministero delle Imprese alla ricerca di una soluzione, andranno dritti sullo sciopero: il 24 e il 25 gennaio distributori chiusi e braccia conserte.
“Li abbiamo convocati già due volte – ricorda Meloni -, il governo non ha mai immaginato provvedimenti per additare la categoria dei benzinai, ma per riconoscere il valore dei tanti onesti”. “Ma non potevamo tornare indietro su un provvedimento che è giusto: pubblicare il prezzo medio è di buon senso. Su altro siamo andati incontro. Nessuno vuole colpire la categoria”.
Altro nodo non da poco è quello dei balneari, con la partita delle gare che coinvolge Bruxelles, bella grana per un governo che li ha sempre difesi a spada tratta. Il governo è pronto a battagliare sì, ma evitando eccessi e barricate: in gioco c’è la partita del Pnrr, e l’Italia non può correre rischio alcuno.
“La questione è complessa. Non ho cambiato idea sul tema della difesa dei balneari da una direttiva che non andava applicata. Quello che ora si tratta di capire – mette in chiaro Meloni – è quale sia la soluzione più efficace a livello strutturale. Io immagino una soluzione non temporanea, ma strutturale. Convocheremo le associazioni dei balneari prima del voto degli emendamenti per capire se è più efficace la proroga o altre soluzioni, il mio obiettivo è mettere in sicurezza quegli imprenditori”. Nel tardo pomeriggio il rientro a Roma, alle spalle un’Algeri gelida ma con un’accoglienza che sembra aver riscaldato il premier, stretta nel suo lungo cappotto bianco. Anche nella Capitale l’attende un vento sferzante, con il rischio però che a rendere incandescente il clima siano i tanti dossier difficili che l’aspettano sul tavolo.