Al via oggi a Roma il terzo Congresso nazionale della Società italiana per la gestione unificata ed interdisciplinare del dolore muscolo-scheletrico e dell’algodistrofia (Si-Guida) che parte dall’assunto di proporre il dolore muscolo scheletrico non come sintomo di una malattia, ma esso stesso una patologia da diagnosticare e trattare con appropriatezza, secondo percorsi diagnostico terapeutici definiti con team multidisciplinari composti principalmente da ortopedico, reumatologo e fisiatra.
“In linea con la missione della Società, nel nostro terzo congresso nazionale, metteremo a confronto le diverse professionalità mediche – ha spiegato Giovanni Iolascon, ortopedico e fisiatra e Direttore esecutivo della Si-Guida – con lo scopo di affrontare gli aspetti clinici, chirurgici e riabilitativi del paziente con dolore muscolo-scheletrico non oncologico. La gestione del dolore, infatti rappresenta un importante problema sanitario e l’impatto del Covid-19 ha complicato ulteriormente l’approccio di questa condizione clinica sia dal punto di vista diagnostico, sia terapeutico”.
Le più frequenti localizzazioni del dolore cronico muscolo scheletrico sono la regione del dorso, quella lombare, il capo e la regione posteriore del collo e le articolazioni periferiche, principalmente il ginocchio. Il dolore cronico è più frequente nell’anziano, nella popolazione a basso reddito e tra le donne. Le cause che possono determinarlo sono molteplici, tra le più comuni: l’artrosi e le artriti (nel 42% dei casi), le patologie dei tendini, dei legamenti e delle borse, soprattutto a livello della spalla, i disturbi del disco intervertebrale, le fratture, le cefalee, le sindromi da dolore delle fasce muscolari. Secondo i dati dell’osservatorio sul dolore cronico in Italia è un problema che riguarda il 26% della popolazione italiana, mentre la percentuale sale al 74% se si considera la fascia di popolazione compresa tra i 60 e gli 80 anni.
“Spesso, provocatoriamente, ci poniamo la domanda se sia importante studiare il dolore muscoloscheletrico”, afferma Umberto Tarantino, della Fondazione Policlinico Tor Vergata e presidente della Società scientifica.”La risposta è ovviamente che è fondamentale sia la ricerca che lo studio di questa condizione per molteplici motivi. Il dolore muscolo scheletrico, infatti, è notevolmente diffuso nella popolazione, soprattutto in quella anziana, e comporta dei costi enormi sia per la gestione diretta che indiretta del problema con un significativo impatto sulla vita del paziente, sia dal punto di vista funzionale che psico-emotivo”.
Il congresso focalizzerà la sua attenzione su alcune patologie notoriamente responsabili di dolore muscoloscheletrico quali: l’algodistrofia, una patologia multisistemica, multisintomatica, sotto diagnosticata e sotto trattata; l’artrosi, una delle principali cause di disabilità e la lombalgia. Tutte patologie che hanno un minimo comune denominatore: il dolore cronico, definito come il dolore che persiste in maniera continuativa o saltuaria per oltre 3 mesi. La cronicizzazione del dolore dipende da fenomeni complessi, in particolare la sensibilizzazione centrale, ossia l’aumento della reattività dei neuroni nocicettivi nel sistema nervoso centrale ad un input afferente normale, rappresenta l’elemento cardine fisiopatologico. Questo fenomeno, clinicamente, non può essere direttamente misurato, ma può essere dedotto dalla manifestazione di iperalgesia (dolore avvertito in modo esagerato in seguito ad uno stimolo anche lievemente doloroso) e allodinia (sensazione di dolore anche per stimoli non dolorosi).
L’Algodistrofia (o Complex Regional Pain Syndrome, CRPS di tipo 1) nella sua forma tipica, rispondente ai criteri di Budapest, ha un’incidenza, probabilmente sottostimata, di 26 casi su 100.000 soggetti l’anno, e presenta manifestazioni cliniche costituite da un intenso processo infiammatorio, di solito limitato all’estremità degli arti superiori (polso, mano) o inferiori (caviglia, piede) che si accompagna ad una severa osteoporosi distrettuale. Esiste, comunque, un gran numero di casi che non rientra nei suddetti criteri diagnostici pur manifestando alcuni segni e sintomi della malattia. In tal modo, la frequenza dell’algodistrofia è sicuramente molto più elevata e colpisce, ad esempio, 1 polso fratturato su 4. Nella maggior parte dei casi la malattia si sviluppa, infatti, dopo un trauma, con un dolore sproporzionato rispetto a quello atteso in base al trauma stesso. In fase conclamata, il dolore assume i caratteri propri dell’iperalgesia e dell’allodinia.
Se non trattata precocemente l’algodistrofia può causare invalidità permanente nella funzione della mano e del piede, con tutto quello che questo può comportare per la qualità di vita del paziente. “L’algodistrofia – conclude Iolascon – è un esempio perfetto di patologia dolorosa cronica della quale urge la necessità di migliore conoscenza al fine di poterla individuare precocemente e trattarla altrettanto precocemente e in modo appropriato con la terapia farmacologica con bisfosfonati, in particolare il neridronato, unico farmaco approvato per la cura di questa malattia. Precocità di diagnosi e di intervento appropriato sono le due colonne portanti per un corretto management di questa patologia così invalidante”.
Il congresso dedicherà inoltre una sessione alla lombalgia (Low Back Pain) in considerazione della proclamazione del 2021 come “Global year about Back Pain” da parte della Iasp (International Association for the Study of Pain). La lombalgia è correttamente definita come “dolore nella regione posteriore del tronco compresa tra il margine inferiore della dodicesima costola e le pliche glutee inferiori, che può o meno accompagnarsi a dolore in uno o entrambi gli arti inferiori”. Si tratta non solo di un problema di salute diffuso a livello mondiale, con una prevalenza stimata intorno al 7,5% della popolazione, ma rappresenta la principale causa di disabilità nei paesi industrializzati.
Tra i temi di discussione della tre giorni, verrà affrontato anche quello dell’artrosi. Quest’ultima è una delle più comuni malattie muscoloscheletriche, considerando che l’80% degli individui di età superiore a 55 anni presenta segni della malattia documentati dai raggi X. Ogni anno si aggiungono quasi 52 milioni di individui al totale delle persone colpite. La malattia, dovuta come primum movens a una distruzione della cartilagine, progressivamente coinvolge l’intera articolazione che diventa dolente, edematosa e difficile da mobilizzare.