“Siamo medici in formazione: una strana figura mitologica, una chimera, ibrido tra studente e lavoratore. Veniamo retribuiti con un contratto di formazione-lavoro, paghiamo le tasse universitarie ma è noto che la nostra formazione spesso assume contorni sfumati, ed è frequentemente carente a scapito di un’attività professionale totalizzante”. Inizia così una lunga lettera firmata dagli specializzandi e le specializzande impegnati nei reparti COVID-19 della regione Lazio indirizzata alle Istituzioni per chiarire alcuni punti fondamentali sulla loro figura.
Una petizione lanciata da poche ore che ha già raccolto più di 500 firme su 1.000 poste come obiettivo: “Siamo parte delle fondamenta degli Ospedali Universitari dove prestiamo servizio- continua la lettera – forza motrice instancabile e sempre a disposizione, al fianco dei lavoratori dipendenti, ci prendiamo responsabilità che talvolta non ci competono”.
“Grazie alla nostra immediata partecipazione abbiamo permesso alle strutture sanitarie universitarie della regione Lazio di rispondere in maniera adeguata alla sfida di questa pandemia – si legge – Alcuni di noi si sono offerti volontari per dare il proprio aiuto nei reparti COVID19, anche se la loro specializzazione non lo avrebbe previsto, andando ad affiancare specialisti e specializzandi coinvolti dal primo momento. I nostri percorsi formativi ne hanno fortemente risentito, sono state sospese o rinviate le attività”.
“E’ uno schiaffo alla nostra attività quotidiana e al nostro sacrificio”
Turni massacranti sul campo, lo studio specialistico messo da parte per fronteggiare l’emergenza, anche a rischio della propria salute, ansia e stress per fronteggiare un nemico sconosciuto. Il tutto per un plauso collettivo ma poca riconoscenza da parte delle Istituzioni. La lettera è proprio un invito al ‘riconoscimento morale’ della figura del medico specializzando in un periodo in cui tale ruolo sta ricoprendo una parte importante nella lotta al COVID-19.
“Abbiamo applaudito alle dichiarazioni dell’Assessore regionale alla Salute che in data 11 aprile comunicava a mezzo stampa l’accordo con i sindacati per il bonus agli operatori sanitari – continua la lettera aperta – Non ci interessavano e non ci interessano i contributi economici, ma piuttosto il riconoscimento morale del nostro lavoro ed il rispetto del nostro essere medici, troppo spesso dimenticato dalle Istituzioni”.
La petizione fa luce su un dietrofront delle Istituzioni sul bonus previsto agli operatoti sanitari: “In data 24 aprile la Regione fa un passo indietro e attraverso una nota redatta dalla Direzione Regionale Salute, nascondendosi dietro un cavillo burocratico, esclude dall’erogazione del bonus tutti gli specializzandi che non hanno stipulato contratti aggiuntivi”.
“Siamo amareggiati, siamo rammaricati, siamo disillusi e siamo stanchi – si legge – Questa è un’occasione sprecata di riconoscere il valore dei medici in formazione, un’ulteriore conferma della visione che hanno le istituzioni della nostra figura”.
Da qui le richieste avanzate dagli specializzandi: “Il rispetto del nostro ruolo e l’equiparazione della nostra attività a quella del personale sanitario dipendente.
– L’estensione dell’emolumento a tutti gli specializzandi coinvolti nell’assistenza COVID19 come sta avvenendo nelle regioni Emilia-Romagna e Toscana;
– Una riduzione delle tasse universitarie o una compartecipazione della Regione alla somma alla luce dell’attività eccezionale svolta nel corso della componente professionalizzante della nostra formazione.
– L’apertura di un tavolo di discussione con Regione e Università per tutelare e valorizzare il ruolo dei medici in formazione specialistica e per ripartire dalla formazione medica nella ristrutturazione del SSN al termine della pandemia”, conclude la petizione.