(Adnkronos) – Crolla il numero dei matrimoni religiosi. E’ quanto emerge dagli ultimi dati Istat che rilevano come le misure di contenimento dell’emergenza sanitaria abbiano determinato un calo verticale soprattutto dei matrimoni, celebrati con rito religioso, che risulta più che doppio rispetto a quello dei matrimoni civili (-67,9% contro -28,9%). Per questi ultimi si tratta della prima eccezionale battuta d’arresto dopo una fase di continua crescita. Tale squilibrio ha modificato l’incidenza dei matrimoni celebrati con rito civile, dal 52,6% del 2019 al 71,1% del 2020 (era il 2,3% del totale dei matrimoni nel 1970, il 36,7% nel 2008).
Il rito civile è decisamente più diffuso nelle seconde nozze (96,7%), essendo in molti casi una scelta obbligata , e nei matrimoni con almeno uno sposo straniero (95,4% rispetto al 65,2% dei matrimoni di entrambi italiani). Si è diffusa sempre più anche nel caso dei primi matrimoni la scelta del rito civile (61,1% nel 2020). Considerando infatti i primi matrimoni di sposi entrambi italiani (l’83,3% del totale dei primi matrimoni) l’incidenza media di quelli celebrati con il rito civile è del 54,6% nel 2020 (33,4% nel 2019 e 20,0% nel 2008). Questa quota presenta una spiccata variabilità territoriale: si passa dal minimo nel Mezzogiorno (46,8%) al massimo del Centro (60,9%), distanze più ravvicinate rispetto al passato in presenza di una geografia che rimane sostanzialmente immutata.
La scelta del regime patrimoniale di separazione dei beni, tendenzialmente in crescita rispetto al passato (62,7% nel 2008, 40,9% nel 1995), mostra un aumento più evidente nel 2020: riguarda il 74,7% dei matrimoni (72,8% l’anno precedente).
NOZZE E PANDEMIA – Nel 2020 la pandemia ha indotto molte persone a rinviare o rinunciare alle nozze. I matrimoni celebrati in Italia sono stati 96.841, il 47,4% in meno rispetto al 2019. In calo soprattutto le nozze con rito religioso (-67,9%) e i primi matrimoni (-52,3%). Lo rileva l’Istat. Per i primi nove mesi del 2021 i dati provvisori indicano, rispetto allo stesso periodo del 2020, un raddoppio dei matrimoni, ma la ripresa non è sufficiente a recuperare quanto perso nell’anno precedente. Diminuiscono anche le unioni civili tra partner dello stesso sesso (-33,0%), le separazioni (-18,0%) e i divorzi (-21,9%).
La diminuzione tendenziale di lungo periodo ha avuto alcune oscillazioni congiunturali. Per esempio, un aumento dei matrimoni è stato osservato nel 2000, per l’attrattività che tale anno ha esercitato su chi ha voluto celebrare le proprie nozze all’inizio del nuovo millennio. All’opposto, nel triennio 2009-2011 la diminuzione è stata particolarmente accentuata e dovuta al crollo delle nozze dei cittadini stranieri, scoraggiati dalle modifiche legislative volte a limitare i matrimoni di comodo e dagli effetti della crisi del 2008 che li ha colpiti particolarmente.
La caduta dei matrimoni è attribuibile soprattutto al calo delle prime nozze che, nel 2020, registrano un nuovo minimo, soltanto 69.743 (-52,3% rispetto al 2019). A diminuire di più sono state le prime nozze con lo sposo in età tra 30 e 39 anni (-55,8%) e quelle con la sposa fino a 39 anni (-54,4%). Un calo più limitato riguarda invece i primi matrimoni in cui entrambi gli sposi hanno almeno 50 anni (-26,9%).
DIVORZI – L’analisi dei primi nove mesi del 2021 , seppur basata su dati ancora provvisori, consente di avanzare alcune considerazioni sul più recente andamento di separazioni e divorzi che hanno risentito meno degli effetti della pandemia. Nei primi nove mesi del 2021, rileva l’Istat, l’aumento rispetto allo stesso periodo del 2020 (+36,4% per le separazioni e +32,8% per i divorzi) riporta a livelli simili a quelli del 2019.
Per le separazioni la crescita è più consistente nel caso dei provvedimenti presso i Tribunali, in particolare per le consensuali (+49,3%). Quest’ultima tipologia, che aveva registrato il calo più consistente nel 2020, evidenzia un aumento del 6,0% anche tra 2021 e 2019. Stesso andamento si rileva nel caso dei divorzi consensuali.
Gli accordi di negoziazione assistita con avvocati sia per le separazioni sia per i divorzi hanno mostrato, soprattutto per le separazioni, un calo contenuto nei primi nove mesi del 2020 (-2,1%), seguito da un aumento negli stessi mesi del 2021 (+11,1%). Nel confronto tra il 2021 e il 2019, quindi, si evidenzia un aumento dell’8,8%, in linea con quanto osservato tra 2018 e 2019. Presumibilmente la scelta di questa procedura è stata anche avvantaggiata dal deposito telematico degli atti che già contraddistingueva questa tipologia di accordi. Le separazioni e i divorzi consensuali direttamente presso i Comuni, infine, hanno visto una ripresa nei primi nove mesi del 2021 in confronto allo stesso periodo del 2020 (rispettivamente +14,8% e +9,9%). Tuttavia, viste le problematiche di gestione dell’emergenza sanitaria legata allo svolgimento delle procedure amministrative, il confronto tra i primi nove mesi del 2021 e lo stesso periodo pre-pandemico mette in luce un calo consistente (-16,7%).
MATRIMONI MISTI – Nel 2020 sono state celebrate 18.832 nozze con almeno uno sposo straniero, in diminuzione del 44,9% rispetto all’anno precedente. Tuttavia, la quota sul totale delle celebrazioni è rimasta praticamente invariata, quasi un matrimonio su cinque: il 19,4% rispetto al 18,6% del 2019. I matrimoni misti (in cui uno sposo è italiano e l’altro straniero) ammontano a oltre 14 mila (circa 10 mila in meno rispetto all’anno precedente) e continuano a rappresentare la parte più consistente dei matrimoni con almeno uno sposo straniero: circa otto matrimoni su 10 con almeno uno straniero sono costituiti da coppie miste. Oltre i tre quarti dei matrimoni misti riguardano coppie con sposo italiano e sposa straniera (10.870, pari all’11,2% delle celebrazioni a livello nazionale nel 2020). Le donne italiane che hanno scelto un partner straniero sono 3.453, il 3,6% del totale delle spose.
Le cittadinanze coinvolte sono molto diverse a seconda della tipologia di coppia considerata. Gli uomini italiani che nel 2020 hanno sposato una cittadina straniera hanno una moglie romena nel 18,0% dei casi, ucraina nel 14,9%, russa nel 7,5% e brasiliana nel 5,9%. Le donne italiane che hanno contratto matrimonio con un cittadino straniero hanno invece più frequentemente sposi con cittadinanza marocchina (15,5%) o albanese (10,6%).
Il nostro Paese, prosegue l’Istat, esercita poi una forte attrazione per numerosi cittadini provenienti soprattutto da paesi a sviluppo avanzato che scelgono l’Italia come luogo di celebrazione delle nozze. Ovviamente nel 2020 anche questa tipologia di matrimonio (rappresentata da coppie di entrambi stranieri in cui nessuno dei due è residente) ha subito una consistente flessione a causa delle restrizioni imposte alla mobilità internazionale, passando dai 4.094 del 2019 ai 918 del 2020 (-77,6%).
Considerando solo i matrimoni di stranieri in cui almeno uno dei due sposi sia residente in Italia (depurati quindi dall’effetto del “turismo matrimoniale”), nel 2020 sono state celebrate 3.591 nozze (-39,4%). I più diffusi sono quelli tra cittadini rumeni (859 nel 2020, pari al 23,9% dei matrimoni tra sposi stranieri residenti), nigeriani (607, pari al 16,9%) e ucraini (317, pari a 8,8%).
Le ragioni di questi diversi comportamenti nuziali vanno ricercate, verosimilmente, nei progetti migratori e nelle caratteristiche culturali proprie delle diverse comunità, oltre che nella prevalenza maschile o femminile che le collettività presentano. In molti casi, continua l’Istat, i cittadini immigrati si sposano nel paese di origine e i coniugi affrontano insieme l’esperienza migratoria, oppure si ricongiungono nel nostro Paese quando uno dei due si è stabilizzato. La quota di matrimoni con almeno uno sposo straniero è notoriamente più elevata nelle aree in cui è più stabile e radicato l’insediamento delle comunità straniere, cioè al Nord e al Centro. In queste due aree del Paese quasi un matrimonio su quattro ha almeno uno sposo straniero mentre nel Mezzogiorno questa tipologia di matrimoni raggiunge l’11,3%. A livello regionale in cima alla graduatoria vi sono Umbria (25,8%), Lombardia (25,2%), Emilia-Romagna (25,1%) e Marche (24,8%).