“Giunge ora una notizia di pochi minuti fa… è morto l’attore Massimo Troisi…”.
Quel sabato pomeriggio di 25 anni fa l’Italia cadde in ginocchio, come un pugile colpito ai fianchi che stremato, strabuzza gli occhi sul nulla spalancando la bocca per ingurgitare quanta più aria possibile. Perché Troisi, non era un talento artistico, bello, intelligentissimo, e ricco. No, Massimo rappresentava il riscatto, incarnava la fiaba moderna di un ragazzino cresciuto in una famiglia modesta e numerosa, e per giunta angustiato da gravi problemi di salute, poi riuscito ad assurgere all’Olimpo della cinematografia, rimanendo esattamente se stesso.
Ultimo di sei figli, papà ferroviere e mamma casalinga, il piccolo Massimo vede la luce a San Giorgio a Cremano (Napoli), il 19 febbraio del 1953.
Sono i tempi di un Paese che fatica a lasciarsi alle spalle i lutti e le miserie del dopo guerra. La gente è speranzosa e vede la luce in fondo al tunnel. Le famiglie sono vere e proprie comuni, proprio perché unendo le forze si possono gettare le basi per superare le difficoltà. Ed anche in casa Troisi le cose stanno così, la famiglia di Massimo coabita con i nonni materni, una coppia di zii ed i loro cinque figli. Come ha sempre raccontato nelle interviste a proposito della sua infanzia, “Sono nato in una casa con 17 persone”, spiegava l’attore per sottolineare il perché della sua matrice così estroversa: “ecco perché ho questo senso della comunità assai spiccato. Ecco perché quando ci sono meno di 15 persone mi colgono violenti attacchi di solitudine”. Se l’infanzia scivola via nel migliore dei modi (il suo visino viene addirittura scelto come immagine dei biscotti Mellin!), è la pre adolescenza a riportare Troisi in uno stato di frustrazione. Massimo inizia con sempre maggior frequenza a soffrire di febbre reumatica, una condizione che finisce per compromettergli la valvola mitrale, rendendolo vittima di un grave scompenso cardiaco. “Avevo 14, 15 anni ed ero costretto a rimanere nel letto – raccontò in diverse interviste – lucidamente, quasi come un adulto, sentivo che di là, in cucina, si stava parlando del mio problema, di cosa fare”. Ma la malattia non rappresentò per lui un ostacolo anzi, nei periodi di forzato riposo Massimo si dilettava nella scrittura e nella poesia, sua grande passione, figlia della grande ammirazione che nutriva per Pier Paolo Pasolini, del quale iniziò a leggere moltissimo.
Il palco: amore a prima vista
Mentre frequenta l’istituto tecnico per geometri, nell’oratorio della Chiesa di Sant’Anna inizia ad appassionarsi al teatro dove, alcuni suoi coetanei 15enni, si dilettano a recitare. Qui stringe l’amicizia con Lello Arena ed altri, che lo aiutano a superare la paura del palco. La cosa inizia a farsi sempre più seria, e portando in scena il Pulcinella di Antonio Petito, Massimo rimane affascinato da questa maschera, apparentemente semplice ma in realtà latrice di una verità argutamente altra rispetto agli eventi. Massimo inizia così a calcare i palcoscenici locali portando in scena il ‘suo’ Pulcinella. “Ho cominciato a scrivere io – ricordava ancora l’attore a proposito di quei timidi inizi – Già scrivevo poesie, ma solo per me, poi ho cominciato a buttar giù canovacci e tra parentesi mettevo lazzi, quando si poteva lasciar andare la fantasia. A me divertiva proprio uscire coi lazzi, improvvisare, per poi tornare al copione. Era il momento del teatro alternativo d’avanguardia e tutti volevano usare Pulcinella. Rivalutarlo. C’era Pulcinella-operaio, e cose del genere. A me questa figura pareva proprio stanca. Pensavo che bisognasse essere napoletano, ma senza maschera, mantenere la forza di Pulcinella: l’imbarazzo, la timidezza, il non sapere mai da che porta entrare e le sue frasi candide”. Nasce così il gruppo Rh-Negativo, al quale si aggiunge anche il giovane Enzo Decaro. La compagnia di amici imbocca definitivamente il teatro d’avanguardia, e lo spazio parrocchiale non basta più: da una vecchia rimessa in disuso tirano su il Centro Teatro Spazio, dove Massimo affina la sua scrittura ed esordisce anche come regista.
Ma lontano dalle scene e dalle divertenti serate con gli amici, il giovane continua a subire i suoi problemi di salute, fino a quando ne parla, racconta il suo dramma. La speranza potrebbe essere un intervento di alta tecnologia possibile soltanto nella lontanissima Houston, negli Usa. Scatta così una colletta, imbracciata anche dal quotidiano ‘Il Mattino’ di Napoli. Massimo parte e l’intervento sembrerebbe esser andato per il meglio: ora ha soltanto voglia di accelerare, di spingere questa sua passione teatrale fino dove possibile.
Nasce il trio La Smorfia
Siamo nel 1977, ed il gruppo di attori divenuto I saraceni è ridotto a soli tre elementi: Troisi, Arena e Decaro. Come vuole la leggenda, un pizzico di fortuna (o l’essere nel posto giusto al momento giusto), fa il resto. Al Sancarluccio di Napoli si attende infatti per la sera l’entrata in scena del richiesto Leopoldo Mastelloni il quale però, all’ultimo momento è costretto a rinunciare. I tre sono conosciuti e godono della stima e della simpatia di chi organizza: provano quindi con loro. Tale fu il successo che la direttrice si assicura il trio anche per altri spettacoli. Qui scherzando Massimo butta lì l’idea de La Smorfia, che diviene il loro nome. La comicità dei tre, nuova, fresca, convince tutti, ed anche lontano da Napoli riscuote successo. La cosa finisce per arrivare al regista Rai Enzo Trapani e ad il suo autore, Giancarlo Magalli, che stanno reclutando volti nuovi per il programma televisivo ‘Non stop’. Il successo è travolgente, i tre sono ‘incontrollabili’, nel senso che sono un vulcano di idee e situazioni, Massimo è imprevedibile: si aggancia a una parola, un fatto, ed è capace di andare a braccio ignorando totalmente ciò che invece era stato concordato prima. La loro napoletanità è solo un prestesto perché la Smorfia non ha una precisa collocazione geografica o culturale, se non nell’amabile slang dei suoi protagonisti. Le cose vanno a gonfie vele, stanno arrivando gli anni Ottanta ed il trio impazza in tv e nei teatri, ma qualcosa dall’interno inizia a non funzionare più: “Mentirei se dicessi che l’intesa è venuta meno solo sul piano artistico”, ebbe a spiegare Massimo ai giornalisti in seguito, “si erano create anche delle divergenze sul piano dei rapporti umani, specialmente tra me e Decaro. Siamo fatti diversamente, non so chi abbia ragione, ma al punto in cui eravamo occorreva un out definitivo. Poi c’è stato anche il fatto che non riuscivo più a scrivere mini atti per tre. Diciamo la verità: La Smorfia mi limitava. Per me che intendo dire tante cose, era come muovermi in un cerchio chiuso. Avrei potuto adagiarmi, tirare avanti per altri 4-5 anni e fare un sacco di soldi”.
Detto fatto, l’avventura finisce lì. Troisi è però divenuto un personaggio amato e rispettato da tutti e non è che gli mancano opportunità di lavoro. Ma lentamente scopre che in realtà ‘il mercato’ tende a cavalcare l’onda, a sfruttare l’immagine del personaggio. Tanto è che quando viene invitato al Festival di Sanremo (l’anno dopo dell’irriverente “Wojtylaccio” di Benigni), viene praticamente obbligato a non improvvisare e a far leggere ciò che andrà dicendo sul palco dell’Ariston: e lui decide all’ultimo di rinunciare. Tuttavia nell’aria del panorama artistico c’è grande aspettativa, e lui ha capito che solo il cinema può amplificare le sue doti artistiche, sia in termini attoriali che di scrittura.
Oltretutto, anche l’industria cinematografica stava attraversando un periodo particolarmente non felice, e dunque nell’aria c’era l’attesa per un qualcosa che, ‘funzionando’ avrebbe indicato le nuove vie da percorrere: “C’era tutta una fascia della commedia che non si sa come chiamare – spiegava l’attore – che non aveva più niente a che vedere con la grande Commedia all’Italiana, che veniva a offrirmi film. Io, forte del fatto che facevo teatro, ero contento di fare le mie cose, e per l’imbarazzo di dover fare quello che mi proponevano, ho sempre rifiutato. Ho letto diversi copioni scoraggianti e poi non mi piaceva come questa gente si presentava”.
L’esordio con Ricomincio da tre
Quando sta per accettare di comparire in un film di Magni, all’ultimo momento il progetto si blocca, ma il produttore Mauro Berardi è convinto che Troisi può ‘funzionare’ benissimo anche autonomamente, e lo incentiva a scrivere. Cosa che trova Massimo più che pronto: con Anna Pavignano – all’epoca sua compagna – che lo seguirà in tutte le pellicole poi realizzate, Vincenzo Cerami ed Ottavio Jemma, tirano giù ‘Ricomincio da tre’. Un titolo che già di per se, al di la del boom di spettatori nelle sale cinematografiche, entrerà di diritto nel lessico di tutti i giorni. ‘Ricomincio da tre’ incassò circa 15 miliardi di lire di allora, classificandosi come campione d’incassi assoluto nella stagione 1980-81, dove rimase nei cinema per ben 43 settimane. Di lì prenderà il via una sequenza di esperienze cinematografiche che lo affiancheranno fino al suo ultimo giorno di vita. Quando infatti Massimo ci lasciò, quel 4 giugno del 1994, il giorno prima aveva terminato le riprese de ‘Il Postino’, suo film postumo ed ancora oggi ‘doloroso’ proprio per quanto ne conseguì. Nonostante i ripetuti ricoveri e gli interventi in America, la salute di Troisi era andata peggiorando, al punto che in alcune scene de ‘Il Postino’ fu costretto ad usare una controfigura nelle scene in cui il suo personaggio andava sulla bicicletta, o si inerpicava lungo ripide salite.
Come usava spesso fare, quel sabato era andato a pranzo dalla sorella, all’Infernetto (zona di Roma vicino ad Ostia). Dopo mangiato disse che si sarebbe sdraiato per riposare un po’… da quel sonno non è più tornato…
Omettendo con le dovute scuse la bellissima parentesi che lega Troisi a Pino Daniele, alla poesia, alla sua passione per il calcio, abbiamo scelto di tracciarne ‘soltanto’ un ricordo sommario, legato alla fama cinematografica, sperando così di incentivare i più giovani ad ‘affacciarsi’ sul bellissimo mondo creato e vissuto da questo indimenticabile uomo.
Pellicole con Troisi attore:
Ricomincio da tre, regia di Massimo Troisi (1981); Morto Troisi, viva Troisi!, regia di Massimo Troisi (1982) – film TV; No grazie, il caffè mi rende nervoso, regia di Lodovico Gasparini (1982); Scusate il ritardo, regia di Massimo Troisi (1983); Non ci resta che piangere, regia di Massimo Troisi e Roberto Benigni (1984); Hotel Colonial, regia di Cinzia TH Torrini (1987); Le vie del Signore sono finite, regia di Massimo Troisi (1987); Splendor, regia di Ettore Scola (1989); Che ora è?, regia di Ettore Scola (1989); Il viaggio di Capitan Fracassa, regia di Ettore Scola (1990); Pensavo fosse amore… invece era un calesse, regia di Massimo Troisi (1991); Il postino, regia di Michael Radford e Massimo Troisi (1994)
Film con Troisi alla regia:
Ricomincio da tre (1981); Morto Troisi, viva Troisi! (1982) – film TV; Scusate il ritardo (1983); Non ci resta che piangere, co-regia con Roberto Benigni (1984); Le vie del Signore sono finite (1987); Pensavo fosse amore… invece era un calesse (1991); Il postino, co-regia con Michael Radford (1994)
Sceneggiature firmate da Massimo Troisi:
Ricomincio da tre, regia di Massimo Troisi (1981): Morto Troisi, viva Troisi!, regia di Massimo Troisi (1982) – film TV; No grazie, il caffè mi rende nervoso, regia di Lodovico Gasparini (1982); Scusate il ritardo, regia di Massimo Troisi (1983); Non ci resta che piangere, regia di Massimo Troisi e Roberto Benigni (1984): Le vie del Signore sono finite, regia di Massimo Troisi (1987); Pensavo fosse amore… invece era un calesse, regia di Massimo Troisi (1991); Il postino, regia di Michael Radford e Massimo Troisi (1994)
Premi e riconoscimenti:
David di Donatello 1981 – Miglior film per Ricomincio da tre; David di Donatello 1981 – Miglior attore protagonista per Ricomincio da tre; David di Donatello 1981 – Candidatura per la migliore sceneggiatura per Ricomincio da tre; Nastri d’argento 1981 – Miglior regista esordiente per Ricomincio da tre; Nastri d’argento 1981 – Miglior attore esordiente per Ricomincio da tre; Nastri d’argento 1981 – Miglior soggetto per Ricomincio da tre; Nastri d’argento 1981 – Candidatura come miglior attore protagonista per Ricomincio da tre; Premio Vittorio De Sica (1983) – per l’interpretazione Scusate il ritardo; 46ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia: Coppa Volpi (1989) – migliore interpretazione maschile ex aequo con Marcello Mastroianni per il film Che ora è?; Premio Pasinetti (1989) – per il film Che ora è? ; David di Donatello 1990 – Candidatura come miglior attore protagonista per Che ora è?; David di Donatello 1995 – Candidatura come miglior attore protagonista per Il postino; Nastri d’argento 1988 – Migliore sceneggiatura per Le vie del Signore sono finite; Nastri d’argento 1995 – Nastro d’argento speciale per Il postino; Globo d’oro 1981 – Migliore opera prima per Ricomincio da tre; Globo d’oro 1981 – Miglior attore rivelazione per Ricomincio da tre; Ciak d’oro 1990 – migliore attore protagonista per Che ora è?; Premi Oscar 1996 – Candidatura come miglior attore protagonista per Il postino; Premi Oscar 1996 – Candidatura per la migliore sceneggiatura non originale per Il postino; Screen Actors Guild Awards 1996 – nomination come miglior attore cinematografico per Il postino
Max