“Ci stiamo abituando sempre di più al fastidio delle domande e al racconto delle cose. Io credo che quella delle querele intimidatorie sia una questione serissima in questo momento: sono tanti anni che faccio questo mestiere, lo amo con tutte le mie forze ma sono sinceramente preoccupato della possibilità di continuare a farlo nel modo in cui ritengo sia doveroso e utile farlo”. Ad affermarlo all’Adnkronos è Mario Giordano, facendo un’analisi sul crescente rischio querele nell’ambito delle inchieste giornalistiche ‘scomode’.
“Mi fa molta paura il giornalismo del comunicato stampa -sottolinea- Siccome abbiamo visto ahimè sempre di più, con le vicende grandi della pandemia che stiamo vivendo, che molto spesso dietro i comunicati stampa si nascondono delle verità farlocche, io credo che il lavoro del giornalista sia quello di andare a guardare dietro ed esercitare l’arte suprema del dubbio. Ecco, questo viene percepito come se tu fossi inopportuno. No: quello è il nostro mestiere”. Oggi, secondo il Giordano, di fronte ad un’inchiesta scomoda si taglia corto: “Ti querelo, anzi spesso ti faccio una causa civile con richiesta di risarcimento danni esorbitante, così ti blocco la possibilità di fare il tuo mestiere. Così non si può. Per i comunicati bastano i bollettini ufficiali, non c’è bisogno dei giornali e del giornalismo”.
E sul grido d’allarme odierno del direttore del ‘Riformista’ Piero Sansonetti, che oggi denuncia sul suo giornale numerose querele e tentativi di querele da parte di magistrati, il conduttore di ‘Fuori dal Coro’ incalza: “Ha ragione, ormai è diffuso l’uso della querela a scopo intimidatorio, solidarietà totale a lui perché il suo è un giornale che ha delle idee, fa delle domande, solleva delle questioni importanti che aiutano tutti. Anche quelli che non la pensano come lui, come me, che non sono quasi mai d’accordo con lui”, dice Giordano.