(Adnkronos) – “La Lung Unit deve guidare il paziente con diagnosi di tumore al polmone nel suo percorso. Il modello multidisciplinare delle Lung Unit, però, è più complesso di quello già sperimentato nelle Breast Unit per il cancro al seno. L’organizzazione è più impegnativa per il polmone rispetto alla mammella, anche nello screening, perché richiede più personale e più apparecchiature, la Tac al posto di un mammografo, e servono più tempi e più tecnici”. Così Stefano Margaritora, direttore Unità complessa Chirurgia toracica Policlinico Gemelli di Roma, nel suo intervento oggi nella Capitale alla presentazione del documento operativo di indirizzo politico (Policy brief) per garantire il diritto alla salute dei pazienti con tumore al polmone. Un evento organizzato da FB & Associati, che ha coinvolto i massimi esperti e le realtà più rappresentative del settore ed è stato realizzato con il contributo non condizionante di Pfizer.
“Esistono già i Pdta”, i Percorsi diagnostico terapeutici assistenziali, “che funzionano – osserva Margaritora – Ma serve anche un ambulatorio del nodulo polmonare, perché il cittadino che riceve questa diagnosi abbia un punto di riferimento. Dal punto di vista organizzativo, quindi, la struttura ideale di una Lung Unit dovrebbe comprendere un Pdta più un ambulatorio del nodulo”. A proposito dei test diagnostici Ngs (Next generation sequencing), che permettono di caratterizzare geneticamente il cancro per individuare eventuali cure mirate, richiedono “laboratori e competenze particolari, che non è facile trovare – sottolinea lo specialista – anche per la particolare formazione richiesta, ma le borse sono malpagate”.
“E’ importantissimo identificare i 40mila nuovi casi all’anno”, prosegue Margaritora, soprattutto “se consideriamo che la sopravvivenza a 5 anni per il cancro ai polmoni è intorno al 20%, mentre siamo al 95% a 10 anni nella mammella”, ma “lo screening non è una cosa semplice” perché non basta un ecografo. “Nel tumore ai polmoni, infatti, insieme alla Tac può essere necessario ricercare microframmenti di acidi nucleici tumorali nei liquidi biologici, come campanelli di allarme per una diagnosi precoce. Questa è fondamentale non solo per questioni di qualità di vita e sopravvivenza”, ma anche per la sostenibilità del sistema. Il trattamento di un cancro polmonare in fase avanzata “ha un costo di 2-300mila euro a paziente, mentre l’intervento per una forma precoce è intorno a 8mila euro. Moltiplicato per 40mila casi all’anno, la differenza è presto fatta”, evidenzia l’esperto.
Certo, “grazie alle terapie target possiamo curare anche i casi in fase avanzata: dopo un anno di cura, troviamo pazienti con malattia bloccata e buona qualità della vita, cosa impensabile una decina di anni fa. Ma è la diagnosi precoce, con lo screening, a far la differenza e le Lung Unit, con l’ambulatorio per il nodulo polmonare – conclude lo specialista del Gemelli – dovrebbero contribuire notevolmente”.