Marcellus Williams, detenuto nel braccio della morte per oltre due decenni, è stato giustiziato tramite iniezione letale nello stato del Missouri. Il 55enne è morto al Potosi Correctional Center, proclamando la sua innocenza fino all’ultimo respiro. Williams era stato condannato per l’omicidio di Felicia Gayle, ex giornalista, uccisa nel 1998. Nonostante i tentativi di dimostrare la sua innocenza attraverso nuovi test del DNA, l’esecuzione è avvenuta il 24 settembre, dopo che la Corte Suprema ha respinto un ultimo appello. Solo tre dei nove giudici si erano espressi a favore di una sospensione. La vicenda ha sollevato preoccupazioni tra attivisti e la stessa famiglia della vittima, che si era opposta all’esecuzione.
Aggiornamento ore 13.00
Marcellus Williams è stato al centro di una lunga battaglia giudiziaria, culminata con la sua esecuzione nel 2024, più di vent’anni dopo la sua condanna. Williams, condannato nel 2001 per l’omicidio della cronista Felicia Gayle, ha sempre sostenuto la propria innocenza. Le prove usate durante il processo includevano impronte digitali, capelli e tracce di DNA raccolti sulla scena del crimine, ma nessuna di queste sembrava collegarlo direttamente all’omicidio.
La sua condanna è stata costruita principalmente sulla testimonianza di due persone, le quali, secondo i suoi avvocati, avevano ricevuto benefici in cambio delle loro dichiarazioni. Nonostante i progressi nella tecnologia del DNA e i test successivi che non riuscivano a confermare la presenza di Williams sulla scena del crimine, le corti non hanno mai ribaltato la sua condanna. Due sospensioni temporanee dell’esecuzione, una nel 2015 e un’altra nel 2017, avevano dato speranza a coloro che lottavano per la sua libertà, ma alla fine la giustizia ha seguito il suo corso.
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L’omicidio di Felicia Gayle, ex giornalista del St. Louis Post-Dispatch, risale all’11 agosto 1998. La donna è stata brutalmente accoltellata nella sua abitazione nei sobborghi di St. Louis. Le indagini non portarono subito all’arresto di Williams, ma circa un anno dopo, sulla base di testimonianze, le forze dell’ordine procedettero con l’accusa. Durante il processo, le prove forensi includevano impronte digitali e tracce di DNA su un coltello da cucina, ma nessuno di questi elementi collegava direttamente Williams al crimine.
Nonostante l’assenza di prove definitive, Williams venne comunque condannato sulla base delle dichiarazioni di due testimoni, i quali, secondo la difesa, avevano ricevuto incentivi economici e pene ridotte per le loro collaborazioni. Le incongruenze nelle prove e il successivo sviluppo delle tecnologie per il test del DNA hanno portato a una serie di appelli, ma senza successo. La Corte Suprema del Missouri ha respinto l’ultimo tentativo di sospendere l’esecuzione, nonostante l’opposizione di alcuni giudici e di numerose organizzazioni per i diritti umani.
La decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti di non intervenire ha segnato la fine delle possibilità legali per Williams. Solo tre giudici su nove si sono dichiarati favorevoli a bloccare l’esecuzione, mentre la maggioranza ha scelto di non intervenire. Questo nonostante l’insistenza degli avvocati del condannato e dei procuratori della contea di St. Louis, i quali avevano espresso dubbi sulla solidità della condanna e avevano cercato di annullarla.
Organizzazioni per i diritti civili, gruppi di attivisti e persino la famiglia della vittima avevano tentato di fermare l’esecuzione. La questione dei test del DNA, che non collegavano Williams alla scena del crimine, ha sollevato forti critiche da parte di chi riteneva che la sua condanna fosse ingiusta. Tuttavia, nel tardo pomeriggio del 24 settembre 2024, l’ultima speranza si è spenta con la decisione della Corte Suprema, e l’esecuzione è stata portata a termine presso il Potosi Correctional Center.
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