Se il cinema lo ha reso famoso con una sua ormai notissima trasposizione in formato celluloide, la realtà dei fatti non è certo meno oscura e pericolosa di come è apparsa nei cinema e nelle serie tv. Si sta parlando di Marcello Colafigli, noto esponente della famosa e storica Banda della Magliana balzata negli anni scorsi ancora una volta agli onori della cronaca anche agli occhi delle nuove generazioni tramite il film e la serie TV Romanzo Criminale, che ricostruiscono la vicenda delle famose batterie criminali romane degli anni ’70 e ’80 (ma non solo), e della loro evoluzione tra i meandri del potere illegale.
Ad oggi Marcello Colafigli, noto nella serie come ‘Bufalo’ e uno dei più famosi esponenti della banda criminale capitolina, resta in carcere. E resta in carcere per via di la sentenza della Cassazione: “È ancora pericoloso”. Condannato all’ergastolo nel 1990 aveva ottenuto il regime di semi libertà ma è stato trovato nel febbraio del 2021 in un bar frequentato da pregiudicati
Ora la Corte di Cassazione si è espressa sul ricorso dell’avvocato di Marcello Colafigli, il “Bufalo” di Romanzo Criminale ed ex uomo chiave della Banda della Magliana. Nato a Poggio Mirteto 68 anni fa, “Marcellone”, come era soprannominato nella realtà degli ambienti malavitosi romani, è stato condannato all’ergastolo nel 1990 con sentenza definitiva. Come detto il regime di semi libertà è stato messo in discussione quando Colafigli è stato trovato dalla polizia in un bar frequentato da pregiudicati ad Ostia: revocato il diritto per non aver rispettato le prescrizioni imposte dal Tribunale di Sorveglianza, il provvedimento è finito sotto nuova valutazione.
La decisione di mantenere Marcello Colafigli in carcere è stata ordinata dalla Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione presieduta da Angela Tardio dopo che l’avvocato di “Marcellone” aveva fatto ricorso in seguito alla revoca del regime di semi libertà. Dunque rigettata “l’istanza di concessione di detenzione domiciliare per motivi di salute avanzata da Colatigli Marcello, condannato all’ergastolo”.
l’avvocato aveva presentato ricorso in Cassazione “deducendo violazione di legge e vizio di motivazione. La decisione, alla luce delle condizioni di salute del ricorrente, non era coerente con la tutela del diritto alla salute. La motivazione del provvedimento era apparente”.
Ricorso, che come indica la Corte di Cassazione “è inammissibile in quanto basato su considerazioni in fatto e argomentazioni manifestamente infondate. Il Tribunale di Sorveglianza ha fatto riferimento alla pericolosità del soggetto”, dal momento che “impedisce il differimento della pena per motivi di salute se sussiste il concreto pericolo della commissione di delitti”.
“Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la valutazione è stata ancorata all’attualità, avendo il Tribunale di Sorveglianza tenuto conto delle gravi violazioni degli obblighi derivanti dal regime di semilibertà che avevano portato alla revoca della misura – si legge ancora dal provvedimento della Cassazione -. Con riferimento alle condizioni di salute del ricorrente, l’ordinanza non nega affatto che il detenuto sia affetto da varie patologie che necessitano di contatti con gli specialisti e le strutture ospedaliere, ma esclude che le stesse comportino un’incompatibilità con il regime detentivo”.