Paradossalmente, il nostro Paese piuttosto che per tutto ciò ha concorso a nobilitarci e a distinguerci nel tempo, esprime un talento innato nell’opposto: buttare nel dimenticatoio quanti hanno contribuito al nostro vissuto, fino a renderli nel tempo dei perfetti sconosciuti, senza distinzione – per i differenti campi di lavoro o studio – a svantaggio della nostra stessa storia. Insomma, la famosa mancanza di memoria storica.
Un’imperdonabile défaillance alla quale, libri parte, è spesso il cinema – o la televisione – a ‘metterci una pezza’, attraverso opere biografiche o interessanti documentari didascalici.
Così, ‘ancora una volta’, dopo la bellissima esperienza di 4 anni fa, quando rinverdì l’affetto del pubblico verso suo padre, Nino Manfredi (interpretato da uno stratosferico Elio German), Luca Manfredi è tornato dietro la macchina da presa per omaggiare Alberto Sordi, il grande attore del quale quest’anno ricorre il centenario dalla nascita. Una pellicola che da domani, per tre giorni (fino al 26 febbraio), sarà proiettata nelle sale cinematografiche, per poi arrivare su Raiuno il prossimo 21 aprile, in occasione del Natale di Roma.
Un omaggio affettuoso quello di Luca (interpretato dal sempre più bravo Edoardo Pesce), che ha conosciuto personalmente Albertone: “Durante un pranzo con mio padre – ricorda il regista – in cui preparavano un film insieme, (‘Riusciranno i nostri eroi’,ndr) a tavola, Sordi vedendo la nostra famiglia disse: Nino, che bella famiglia che hai. E quando mio padre gli chiese cosa aspettasse a farsene una propria, lui rispose: ‘E che sei matto? Che me metto, un estraneo in casa?’”. Una frase ormai divenuta storica…
Poi Manfredi entra nel merito del film: ”Quando quattro anni fa decisi di fare un film su mio padre lo feci perché mi ero accorto che quasi nessuno degli amici sedicenni di mio figlio lo conosceva. Così si rischia di dimenticare in pochi anni miti come Totò, Anna Magnani, Stanlio & Ollio. Siamo un paese che dimentica in fretta, non possiamo permetterlo. Un recente sondaggio chiedeva ai giovani chi fosse il nostro ‘Albertone nazionale’: la maggior parte ha risposto ‘uno sciatore’ (evidentemente scambiandolo con Alberto Tomba, ndr), altri ‘un conduttore di documentari’. Alberto Sordi appartiene al patrimonio artistico e culturale del nostro paese – tiene a rimarcare Luca – e questo patrimonio non può rischiare assolutamente di essere dimenticato. Quest’anno cade il centenario della nascita di Sordi e abbiamo pensato di festeggiarlo con la Rai con un omaggio che racconta un giovane Sordi inedito e privato”.
Quindi Luca racconta dell’opera di questo grande attore, cresciuto ”riuscendo a raccontare i sogni e i drammi di un paese appena uscito dalla guerra col sorriso e l’ironia ma anche con uno sguardo molto critico. E’ stato è le due facce della stessa medaglia regalandoci una galleria di personaggi indimenticabili – spiega – l’eroe e il vigliacco, l’ingenuo e il cinico calcolatore, la vittima e il persecutore”. Una straordinaria capacità ‘camaleontica’ quella di Albertone che, come sottolinea Manfredi, “In oltre 200 film, è riuscito a trasferire pregi e difetti di tutti noi italiani, facendoci ridere e piangere allo steso tempo come solo un grande attore e artista sa fare”.
Ma questo film, come anticipa ancora il regista, è la storia degli inizi dell’attore, quando c’era ancora il forte tormento dell’uomo a prevaricare sulle velleità dell’artista, “soprattutto la sua grande determinazione. La pellicola racconta i primi 20 anni dell’avventura artistica di Sordi, a partire dal ’37, quando fu cacciato dall’Accademia dei Filodrammatici di Milano, e la sua insegnante gli disse che lui non sarebbe mai diventato un vero attore, fino al ’57 quando il grandissimo successo di ‘Un americano a Roma’ lo consacra alla fama e alla notorietà. Lui voleva fare l’attore fin da bambino, non si è mai scoraggiato e ci è riuscito entrando nella storia”. Una pellicola che evidenzia quindi anche il lato meno noto di Sordi, “La sua fragilità, la sua debolezza, il complesso per il ‘faccione’, che non corrispondeva ai cliché di bellezza del tempo. Ed anche aspetti più privati – aggiunge Luca – come la storia d’amore con Andreina, di 15 anni più grande di lui, il rapporto con la madre, l’amicizia con Aldo Fabrizi, l’incontro con Corrado”.
Max