(Adnkronos) – L’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha approvato la rimborsabilità di ravulizumab per il trattamento della sindrome emolitico-uremica (Seu) atipica. La terapia, un inibitore della proteina C5 del complemento, potrà essere prescritta ai pazienti (adulti o bambini) sia naïve agli inibitori del complemento, sia già trattati con eculizumab per almeno 3 mesi e che hanno evidenziato una risposta alla cura. Lo ha annunciato oggi Alexion, AstraZeneca Rare Disease, nel corso di una conferenza stampa a Milano.
Il nuovo anticorpo monoclonale – spiega una nota – agisce inibendo l’attività della proteina C5 nella cascata del complemento terminale, una parte del sistema immunitario. Quando attivata in un modo incontrollato, la cascata del complemento risponde modo eccessivo, portando il corpo ad attaccare le proprie cellule sane. Ravulizumab, primo e unico inibitore del complemento C5 a lunga durata d’azione, offrendo immediata, completa e prolungata inibizione del complemento, porta la frequenza di somministrazione della cura da ogni 2 settimane a ogni 2 mesi, migliorando la qualità di vita di tutti i pazienti colpiti dalla patologia.
La Seu atipica è una malattia rara che colpisce in Italia più di 600 pazienti, sia adulti che bambini. E’ caratterizzata dall’attivazione cronica e incontrollata del sistema del complemento, che può causare danni progressivi agli organi vitali, principalmente ai reni, attraverso danni alle pareti dei vasi sanguigni e coaguli di sangue. “Questa anomalia – sottolinea Gaetano La Manna, ordinario di Nefrologia all’Università di Bologna e direttore dell’Unità operativa di Nefrologia, dialisi e trapianto al Policlinico di Sant’Orsola di Bologna – porta a uno stato di infiammazione cronica che causa il danneggiamento delle pareti dei vasi sanguigni. Ciò comporta un accumulo di piastrine e leucociti che aumenta enormemente il rischio di formazione di trombi. Il primo organo a essere danneggiato di solito è il rene, ma i danni possono estendersi a cuore, polmoni, cervello e sistema gastrointestinale”. Circa il 50% dei pazienti affetti dalla sindrome necessita di dialisi, soffre di danno renale permanente o va incontro a decesso entro il primo anno.
Pur essendo la Seu atipica una patologia su base genetica per il 50-70% dei casi (i geni coinvolti sono Chf, Chf3r, Mcp, Cfi, Cfb E Cr) – prosegue la nota – per scatenarsi con sintomi evidenti è spesso necessario un evento, tecnicamente chiamato ‘trigger’, come ad esempio la gravidanza, l’ipertensione maligna, un trapianto d’organo, una malattia renale, una patologia autoimmune, un tumore, un’infezione o l’abuso di alcuni farmaci. In passato per gestire la patologia si ricorreva allo scambio o all’infusione di plasma, ma questa strategia non si è mai dimostrata realmente efficace.
Il nuovo anticorpo monoclonale approvato dall’Aifa è stato sperimentato in due studi clinici di fase 3 multicentrici. Il primo, a braccio singolo, ha coinvolto pazienti adulti naïve. Il secondo, condotto su malati in età pediatrica, è stato sviluppato a doppio braccio coinvolgendo sia pazienti naïve sia pazienti già in trattamento con inibitori del complemento. La nuova terapia ha dimostrato un’inibizione immediata, completa e sostenuta di C5 in tutti i pazienti. In particolare, è stata valutata l’efficacia di ravulizumab in termini di risposta al trattamento della microangiopatia trombotica che rappresenta la manifestazione clinica più evidente della malattia. “Negli adulti trattati con ravulizumab – riferisce Giuseppe Castellano, direttore di Struttura complessa, professore associato di Nefrologia all’Università degli Studi di Milano – il 53% ha avuto una risposta completa alla microangiopatia trombotica nel periodo iniziale di valutazione, pari a 26 settimane, e il 61% nei primi 12 mesi. Ravulizumab nella popolazione pediatrica ha raggiunto il tasso di risposta completa del 94,4% e il 100% ha interrotto la dialisi”.
“I benefici dell’allungamento del tempo tra un’infusione e l’altra sono importanti – rimarca Paolo Chiandotto, presidente dell’associazione pazienti Progetto Alice Associazione per la lotta alla Seu – Innanzitutto significa recarsi meno volte in ospedale. Negli adulti occupati vuol dire perdere meno ore di lavoro, e la stessa cosa vale per i genitori dei piccoli affetti da malattia. Nei bambini, che fortunatamente sono una piccola percentuale, questo significa perdere meno giorni di scuola. Nel complesso questi vantaggi si traducono in un maggiore benessere generale poiché ci si sente meno ‘legati’ all’ospedale”. Dichiara Anna Chiara Rossi, VP& General Manager Italy presso Alexion, AstraZeneca Rare Disease: “Sin dalla nostra nascita il nostro obiettivo di ricerca è quello di sviluppare terapie innovative capaci di migliorare sensibilmente la qualità di vita delle persone con malattie rare e dei loro familiari. Tutto ciò è stato possibile grazie alla collaborazione e allo scambio continuo delle esperienze con i pazienti e con i clinici. Essere riusciti a realizzare un anticorpo in grado di migliorare ulteriormente sia il trattamento sia la quotidianità delle persone è per noi motivo di grande orgoglio”.