(Adnkronos) – Un basamento di marmo, come se ne incontrano migliaia a Roma, ma senza alcuna scultura: è il ‘monumento invisibile’, installato dal 28 febbraio al 2 marzo a Roma, in Piazza di S.Silvestro, a pochi passi da Palazzo Montecitorio e Palazzo Chigi, in occasione della XV Giornata mondiale delle malattie rare. Un’installazione temporanea dal forte valore simbolico con cui Sanofi “vuole continuare a portare l’attenzione sui milioni di persone (oltre 2 milioni in Italia e 300 milioni nel mondo) che hanno una patologia che a volte può farli sentire invisibili perché riguarda singolarmente pochi individui. Ma non per questo i malati rari devono avere meno dignità e diritti oppure essere indotti a nascondere la propria malattia per timore di discriminazioni, isolamento sociale o stigmatizzazione”.
Da queste considerazioni è nata l’idea del Monumento, “il primo passo di una nuova campagna denominata ‘Storie (In)visibili’ che durerà tutto l’anno e che darà voce ad alcune delle storie dei malati rari. Obiettivo: aumentare la consapevolezza delle malattie rare e richiamare l’attenzione sulle difficoltà e le sfide ancora aperte per chi ne è affetto e la propria famiglia, nella convinzione che la conoscenza stimoli una sempre maggiore inclusione”, informa l’azienda.
“Da oltre 35 anni Sanofi supporta concretamente le persone con patologie rare, i loro caregiver e le associazioni che li rappresentano – sottolinea Marcello Cattani, presidente e amministratore delegato di Sanofi Italia – sia con lo sviluppo di terapie innovative sia attraverso campagne di informazione e l’offerta di servizi di supporto ai pazienti. Dal 2021 abbiamo avviato un nuovo percorso di sensibilizzazione che parte dall’assunto che una maggiore conoscenza stimoli la comprensione e, quindi, una maggiore inclusione sociale per le persone con malattia rara. Lo scorso anno lo abbiamo fatto promuovendo la conoscenza di parole sconosciute ai più e legate al mondo di chi vive con una patologia rara; quest’anno lo faremo portando alla luce le tante storie di coraggio e resilienza dei malati rari. Perché raro non debba mai significare invisibile. Continueremo a impegnarci per questo e per altri loro diritti, sostenendo l’attività delle associazioni che li rappresentano e mettendo al servizio le nostre attività e i nostri mezzi di comunicazione, per far risuonare l’eco di questo messaggio ben oltre la Giornata mondiale”.
Fondamentale è la diagnosi precoce, che per le persone con malattia rara resta un grosso problema. Nel caso delle patologie metaboliche ereditarie denominate malattie da accumulo lisosomiale, una diagnosi tempestiva può cambiare radicalmente la storia naturale della patologia e la vita stessa del paziente e della propria famiglia.
“Le malattie metaboliche ereditarie – spiega Andrea Pession, presidente di Simmesn, Società italiana per lo studio delle malattie metaboliche ereditarie e lo screening neonatale – sono patologie di origine genetica che si manifestano nella maggior parte dei casi nei primissimi anni di vita e che, se non trattate, comportano danni progressivi e irreversibili a diversi organi e apparati. Per questo è fondamentale identificarle rapidamente e iniziare presto la terapia. Purtroppo però alcune di queste patologie, in particolare le malattie lisosomiali, non sono ancora inserite nel panel nazionale dello screening neonatale esteso, strumento essenziale per poter diagnosticare alla nascita, con il semplice prelievo di una goccia di sangue, patologie gravi e progressive che mettono a rischio la vita dei bambini”.
Di diversa origine ed epidemiologia, ma con analoghi problemi, sono alcune patologie rare del sangue, come la porpora trombotica trombocitopenica acquisita, una malattia autoimmune della coagulazione nota anche come sindrome di Moschcowitz, che si manifesta con eventi acuti e imprevedibili a danno di organi vitali (cuore, cervello, reni) che la rendono potenzialmente fatale. Proprio per le sue caratteristiche è fondamentale una diagnosi accurata e immediata dopo l’evento acuto per impostare una corretta e tempestiva terapia ed evitare le conseguenze più serie.
“L’Attp è una patologia imprevedibile e acuta, con un rischio di mortalità estremamente elevato, che può arrivare fino al 90% a seguito di un episodio acuto non trattato, il che rende necessario intervenire in estrema urgenza, anche se spesso non è semplice – dice Luana Fianchi, dirigente medico del Dipartimento diagnostica per immagini, radioterapia oncologica ed ematologia all’Uoc di Ematologia geriatrica ed emopatie rare dell’Irccs Fondazione Policlinico universitario Gemelli di Roma – Fondamentali sono la conoscenza della patologia per poter individuare correttamente i segni e sintomi, e avere laboratori attrezzati per la conferma diagnostica attraverso conta piastrinica e misurazione dei livelli dell’enzima Adamts13. Le recenti linee guida specificano che il dosaggio dell’Adamts13 è un test fondamentale sia per poter intervenire sulla patologia in fase acuta, sia per il successivo monitoraggio come prevenzione di recidive. Ad oggi il test non è ancora inserito nei Livelli essenziali di assistenza – evidenzia – con conseguenti disparità territoriali nell’accesso dei pazienti a diagnosi e trattamento tempestivi”.