Era il 1994, Gianfranco Zola era la stella del Parma e il suo futuro stava per essere messo in discussione da un gruppo di malviventi guidato da Fabrizio Maiello, ex calciatore delle giovanili del Monza diventato bandito a causa di un grave infortunio. Fabrizio e i suoi avevano preso una decisione: “Volevamo rapire Zola. Un rapimento lampo da 24/48 ore per chidere il riscatto al presidente del Parma Tanzi”. A rivelarlo è lo stesso Maiello intervenuto nel corso della trasmissione ‘Dietro il Pallone’ prodotta da Italia Sera.
Il piano era già deciso: “Lo avremmo seguito con due macchine – racconta Maiello – con una l’avemmo speronato per poi spingerlo nell’altra che lo avrebbe portato in un posto in campagna”. Il piano stava filando liscio quando Zola si è fermato ad un distributore di benzina: “A quel punto è sceso dalla macchina, ci ha visto ed è venuto verso di noi. Sorrideva e ci ha chiesto se volessimo un autografo. A quel punto ho pensato che quello che stavo facendo era sbagliato e ce dovevo lasciar perdere, è stato un attimo”.
Fabrizio Maiello racconta quell’episodio e nel corso della trasmissione ha mostrato la carta d’identità sulla quale Zola gli firmò l’autografo: “E’ qui che Zola mi fece l’autografo, prima di vedere i tatuaggi sulla mia mano ed insospettirsi. A quel punto è montato in macchina velocemente ed è partito, lo abbiamo seguito per un po’ ma poi abbiamo lasciato perdere”.
Il racconto di Fabrizio Maiello dà luce ad un episodio che avrebbe potuto cambiare la vita di Zola, ma non è l’unica cosa incredibile capitata all’uomo che ora ha 56 anni. Maiello era un giovane di belle speranze della Primavera del Monza, un brutto infortunio lo ha spinto ad entrare nel mondo della criminalità da cui è riuscito solo dopo aver scontato una lunga pena in carceri e manicomi criminali.
Nel corso della sua vita da detenuto, Maiello ha avuto modo di dividere il campo da calcio con Marcello Colafigli, ex boss della Banda della Magliana conosciuto per essere diventato il Bufalo di Romanzo Criminale: “Con lui giocavo spesso, lui in difesa io in attacco. Era uno stopper roccioso, ma era meglio non farlo arrabbiare. Non parlava molto, leggeva e scriveva. Aveva delle belle scarpe da calcio come le avevo io e nell’Opg di Reggio Emilia gli veniva riservato un trattamento diverso dagli altri”, conclude Maiello.