(Adnkronos) – “Il lavoro presentato oggi rappresenta l’attualità. Le mafie mutano col mutare sociale, vivono fra di noi e ci somigliano, per esistere hanno bisogno di pubblicità”. Lo ha dichiarato il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri a margine della presentazione, avvenuta alla Camera dei Deputati, del rapporto “Le mafie nell’era digitale” realizzato dalla Fondazione Magna Grecia. “Anni fa si facevano vedere in processione o sponsorizzavano squadre di calcio, oggi – ha spiegato – le nuove generazioni mafiose si fanno vedere vestite in modo sfarzoso sui social per dimostrare che quello è il potere”.
“L’Italia fino a sei sette anni fa aveva i migliori investigatori del mondo: l’elité della polizia giudiziaria italiana non era seconda a nessuno – continua Gratteri- . Ai tavoli con polizia e magistrati di molti paesi del mondo l’Italia dava le carte, la polizia giudiziaria italiana era dominante. Negli ultimi anni stiamo perdendo il know-how che avevamo e, soprattutto, chi ha governato non ha investito in tecnologia, non ha fatto ricerca, ritenendo che non fosse importante sul piano dell’investigazione”. “Dobbiamo coprire velocemente questo gap, dobbiamo finirla di arruolare nei servizi segreti solo poliziotti e carabinieri, bisogna assumere ingegneri informatici o hacker, o non riusciremo a essere competitivi con le altre migliori polizie del mondo”.
“Mentre la politica discute dell’utilità o meno delle intercettazioni, e dei loro costi, le mafie sono in grado di pagare hacker e costruirsi nuovi sistemi di comunicazione sopra le nostre teste, che noi che noi non riusciamo ad ascoltare”.
“Utilizzano telefoni che pagano mediamente 3.500 euro e che durano 6 mesi e parlano in chiaro, funzionano come una serie di citofoni tra di loro, con i quali comunicano anche da una parte all’altra dell’oceano, e noi non riusciamo a bucare nessuno di questi sistemi”, ha concluso