Crimi non ha più potere: sia in caso di astensione sia in caso di voto contrario alla fiducia, non potrà farvi nulla perché non è più il capo politico del Movimento 5 Stelle. Febbraio 2021. Il M5S, dilaniato dalle lotte intestine e alle prese con la tribolata fiducia al governo Draghi, ha appena cambiato, grazie al voto degli iscritti, la sua governance, e Davide Casaleggio – apprende l’Adnkronos – assicura ad alcuni parlamentari contrari all’esecutivo Draghi che, in caso di ‘no’ alla fiducia, il reggente Crimi non potrà colpirli con sanzioni disciplinari.
Il motivo è semplice: il 17 febbraio, giorno in cui al Senato si vota la fiducia a Draghi, alle ore 12 su Rousseau si conclude il voto per la modifica dello statuto del Movimento 5 Stelle in merito alla sua governance: gli iscritti dicono sì al Comitato direttivo dei cinque, chiudendo la stagione del capo politico ‘solo al comando’. L’organo collegiale verrà poi messo in naftalina, per fare spazio al progetto rifondativo di Giuseppe Conte. La linea Roma-Milano in quei giorni è rovente: i contatti tra i dissidenti e Casaleggio sono frequenti, il senatore Nicola Morra, presidente dell’Antimafia, si sarebbe recato per ben due volte nel capoluogo lombardo per incontrare il patron di Rousseau.
Il resto è storia nota: nonostante le rassicurazioni di Casaleggio, i deputati e i senatori anti-Draghi (circa una quarantina) saranno espulsi su ordine di Crimi. Sono fatti, questi, che tornano alla ribalta nei giorni in cui si infiamma lo scontro tra M5S e Rousseau. Soprattutto dopo il pronunciamento della Corte d’Appello di Cagliari che ha rigettato il ricorso di Crimi contro la nomina di un curatore speciale. Oggi, alla luce di quella sentenza, alcuni parlamentari ‘cacciati’ da Crimi meditano la vendetta e organizzano una class action per chiedere i danni. “Sto valutando la richiesta di risarcimento. Dal 17 febbraio non c’è più il capo politico e i provvedimenti adottati da Crimi a partire da quella data non hanno nessun valore”, spiega all’Adnkronos Alessio Villarosa, ex sottosegretario al Mef.
Una tesi che sembra essere sposata anche dall’Associazione Rousseau. “Le espulsioni fatte dai capigruppo di Camera e Senato su indicazione di un ex capo politico, sprovvisto di poteri di guida politica sono chiaramente viziate, potrebbero essere annullate ed impegnano la responsabilità personale di coloro che, esercitando un potere non posseduto, le hanno disposte”, si legge in un post pubblicato sul Blog delle Stelle il 5 maggio.
Rousseau mette in dubbio anche la legittimità del nuovo Trattamento Economico degli eletti del Movimento 5 Stelle “deliberato esclusivamente dal Comitato di garanzia, ma non su proposta dell'(assente) Comitato direttivo”: si tratta del nuovo regolamento per le restituzioni dei parlamentari, introdotto di recente da Crimi, che ha chiuso in via definitiva il rubinetto dei finanziamenti a Rousseau.
Ora la battaglia finale si gioca sui dati degli iscritti. Conte li rivendica e minaccia un ricorso al Garante della Privacy se Rousseau non fornirà quegli elenchi al Movimento 5 Stelle. Dal canto suo Casaleggio fa muro: per l’Associazione Rousseau la lista degli iscritti può essere consegnata solo al rappresentante legale del Movimento e il tribunale di Cagliari (seguito dalla Corte d’Appello) ha messo in discussione il fatto che il Movimento ne abbia uno in questo momento.
di Antonio Atte