(Adnkronos) –
Diagnosi precoce, approccio multidisciplinare, terapie innovative e supporto ai medici di famiglia e pazienti. E’ l’invito che arriva dal convegno ’Lupus: focus su cause e sintomi di una patologia complessa’, promosso oggi a Roma, al Senato, su iniziativa del senatore Ignazio Zullo, membro della Commissione Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale. “Non posso che essere soddisfatto – afferma Zullo – delle nuove prospettive che le persone affette da lupus eritematoso sistemico (Les) avranno anche grazie ai nuovi farmaci. In questo anno di legislatura ho potuto riscontrare quanto i temi delle patologie autoimmuni, come il Les, abbiano dei fili conduttori ed è per questo che con un gruppo di colleghi afferenti al Senato e alla Camera abbiamo deciso di riunirci in un Intergruppo Parlamentare ‘Prevenzione e cura delle malattie autoimmuni’ che presenteremo ufficialmente il 21 novembre 2023 e per il quale abbiamo chiesto la partecipazione delle principali società scientifiche e delle associazioni di pazienti”.
Il lupus eritematoso sistemico – spiega una nota – è una malattia reumatica cronica autoimmune che coinvolge il sistema immunitario e colpisce vari organi e tessuti – pelle, articolazioni, reni, sangue e ogni tipo di tessuto connettivo – che, nei casi più critici, possono rimanere danneggiati dal peggioramento della malattia. Secondo l’Istituto superiore di sanità, la malattia colpisce, in Italia, 27mila persone, soprattutto le donne in età fertile, prevalentemente dai 15 ai 40 anni, con un rapporto donna-uomo 6-10 a 1. In età pediatrica e dopo la menopausa, il rapporto si riduce a 3 a 1. Il fatto che la malattia colpisca soprattutto le donne in età fertile, ha “importanti implicazioni sulla gravidanza e sulla maternità – spiega Gian Domenico Sebastiani, presidente nazionale della Società italiana di reumatologia (Sir) – I sintomi iniziali, quali febbre, astenia, malessere generale, artralgie, sono spesso aspecifici, e questo è uno dei motivi delle difficoltà diagnostiche”.
Una ricerca della Sir mostra che il ritardo di diagnosi, nel nostro paese “è in media 20 mesi” perchè, alla complessità del quadro clinico, si associano, secondo Sebastiani “la scarsa conoscenza della malattia da parte dei medici e della popolazione, e la scarsa presenza di strutture reumatologiche di riferimento negli ospedali e presidi territoriali. Il paziente viene spesso visto da specialisti diversi dal reumatologo, che non sempre sono in grado di riconoscere la malattia”. A causa del ritardo diagnostico il paziente “accumula danno irreversibile a carico degli organi e apparati colpiti – ricorda -. Oggi disponiamo di farmaci molto efficaci che sono in grado di modificare favorevolmente il decorso e la prognosi della malattia, con notevoli vantaggi per il singolo individuo e per la collettività in termini di risparmio sulla spesa sociale, dal momento che il danno è direttamente correlato all’invalidità”, ma è fondamentale la diagnosi precoce.
“Il 25-50% dei pazienti con Les – sottolinea Stefano Bianchi, presidente della Società italiana di nefrologia (Sin) – sviluppa una complicanza renale, la nefrite lupica, con un quadro clinico variabile, da lieve a grave che” può portare anche a “dialisi o al trapianto renale”. Bastano “semplici e poco costosi esami ematici e urinari, per evidenziare la presenza di un problema renale. La nefrite lupica è curabile con terapie impegnative ma efficaci. Attualmente si sono resi disponibili nuovi farmaci, sicuramente efficaci e provvisti di un buon profilo di sicurezza e tollerabilità, che hanno ampliato le possibilità di cura. Diagnosi precoce e tempestivo inizio di terapie sempre più efficaci, fanno intravedere un futuro migliore per i pazienti che presentano questa frequente e temibile complicanza del Les”.
Per i medici di medicina generale, la diagnosi precoce rappresenta la vera sfida. “La sinergia tra medico di medicina generale e specialista – evidenzia Fabio Valente, Vice Segretario Vicario Fimmg Roma – è fondamentale soprattutto per i pazienti. L’utilizzo della condivisione informatica dello stato clinico del paziente è un passaggio fondamentale per i percorsi sulle patologie (Pdta) ancora largamente non applicati. La condivisione del percorso diagnostico e delle cure mediche inoltre avrebbe un effetto molto positivo sulla appropriatezza degli accertamenti e delle cure”. “Accendere un faro su patologie poco esplorate e con bassi livelli di innovazione in termini di risposta farmaceutica, come il lupus e la nefrite lupica – commenta Alessandro Lattuada, Amministratore delegato di Otsuka Pharmaceutical Italia – è una necessità a cui, da tempo, le nostre attività di ricerca e sviluppo si sono dedicate. L’approccio di Otsuka è caratterizzato da una profonda comprensione delle esigenze dei pazienti. Questa comprensione non si limita alle terapie farmacologiche, ma si estende a un impegno nel creare un impatto positivo sulla vita di chi, tutti i giorni, affronta sfide importanti e difficili legate a malattie spesso subdole e invalidanti”.
Proprio dalle terapie innovative può arrivare una risposta concreta per pazienti, famiglie e caregiver. “I sintomi – ribadisce Rosa Pelissero, presidente Gruppo Les – possono essere scambiati con altre malattie, e questo, ancora oggi, può dare ritardi diagnostici. Nel lungo periodo, la convivenza con la malattia può far manifestare anche ansia e depressione, a titolo di esempio. Con i proventi del 5×1000 finanziamo anche la ricerca, nella speranza che si possa conoscere sempre di più sulle cause del Lupus e che arrivino altri strumenti terapeutici capaci di contrastare e controllare la malattia. Dai decisori politici – conclude – ci aspettiamo che il Ssn sia tutelato, che la reumatologia continui a esserci in tutti gli ospedali, che aumentino i centri di cura specifici per il Lupus e che ci venga data una maggiore tutela sul lavoro”.