Nuovo capitolo nella polemica a colpi di querele tra Filippo Facci e Selvaggia Lucarelli. Oggi su ‘Libero’ il giornalista scrive che qualche giorno fa il giudice ha confermato l’archiviazione della querela fatta nei suoi confronti dalla Lucarelli, la quale ha controbattuto a sua volta con una lettera inviata alla redazione di Dagospia nella quale constata amaramente che bisogna reagire agli insulti ridendoci su. “Nell’aprile 2020 ho scritto che la giornalista non-professionista Selvaggia Lucarelli è un’incompetente – scrive Facci su ‘Libero’ – e che farla scrivere di Covid – benché sul Fatto Quotidiano – era una follia. Ho scritto che aveva pubblicato delle spettacolari sciocchezze sulla Regione Lombardia, e che il suo giornale era scivolato sull’untuosa strisciata di lingua che ogni giorno dedicava al governo. Poi, in un tweet su internet, ho invocato la pensione anticipata piuttosto che qualsiasi demente potesse ‘pensare che questa gossipara spargizizzania, che porta male a tutto quel che tocca ed è diventata nota perlopiù per le sue tette da vecchia matrona, possa essere accomunata allo stesso mestiere che faccio io’. Allora lei mi ha querelato”, racconta Facci.
“Il 20 ottobre 2020 – prosegue Facci – il pm ha chiesto l’archiviazione della querela. Lei non se n’è fatta una ragione, e ha subito fatto opposizione alla richiesta di archiviazione. Però il giudice, il 18 maggio 2021, insomma l’altro giorno, ha confermato l’archiviazione. Fine. Oddio, la signora potrebbe ricorrere in Cassazione: ma saprà che cos’è?”.
“Fa bene ‘il giornalista’ a porre l’attenzione sugli insulti da me subiti e sull’archiviazione a seguito della mia querela – replica la Lucarelli nella lettera – perché tale archiviazione racconta molto bene due cose: il livello del giornalista (ormai in verità noto a tutti) e quello del giudice Livio A. Cristofano, il quale ritiene che ad un articolo (mio) sulla sanità in Lombardia si possa rispondere ‘tette da vecchia matrona’ e ‘portasfiga’. Anzi, specifica pure che il commento del giornalista è ‘aspro e ironico’. Mia Martini, in effetti, si divertiva assai quando le davano della portasfiga. In sintesi: capito amiche colleghe? Voi scrivete di sanità, libri, tv o politica e un collega vi insulta commentando le vostre tette o parlando di iella che portereste? E’ ironia. Lo dice la legge. Alla fine hanno ragione Pio e Amedeo: se ti dicono ‘negro’ sei tu che devi riderci su. Olè”.