(Adnkronos) – “Sin da subito abbiamo capito che la storia del rapimento finito male era una messinscena. A nostro avviso, certamente di rapimento non si tratta, altrimenti non sarebbe finita in quel modo. Nessun rapitore uccide un ostaggio senza nemmeno aver tentato di ottenere qualcosa in cambio, ci sono troppe, troppe incongruenze. A 100 metri dal luogo dove sono stati uccisi il nostro Luca, il carabiniere Vittorio Iacovacci e l’autista del World Food Programme (Wfp) Mustapha Milambo”, sulla strada tra Goma e Rutshuru, “c’è un check point che quel giorno guarda caso era vuoto. Su 7 rapiti sono stati uccisi”, oltre all’autista del Wfp, “solo i nostri due connazionali, gli altri non hanno riportato nemmeno un graffio, com’è possibile?”. A chiedere verità e giustizia, in una lunga intervista all’Adnkronos, è Salvatore Attanasio, il padre dell’ambasciatore italiano barbaramente ucciso nella Repubblica democratica del Congo il 22 febbraio 2021.
Negli ultimi giorni sulla stampa si è scritto di un complotto -dietro l’agguato- delle alte sfere delle Forze Armate della Repubblica democratica del Congo (Fardc) che coinvolgerebbe membri dell’intelligence, poliziotti e civili. Una ricostruzione sicuramente distante “da quella del rapimento finito male alla quale non abbiamo mai creduto, nemmeno per un istante – ribadisce con forza il papà di Luca -. Ora sta ai nostri inquirenti accertare la verità, se la stampa ne ha scritto sicuramente avrà raccolto delle testimonianze prima di farlo. Noi non possiamo dire nulla rispetto a quel che sta emergendo, ma possiamo pretendere la verità e batterci fino alla fine per questo. Senza verità non c’è giustizia, pretendiamo che le nostre autorità completino il loro lavoro. Pretendiamo un sussulto di orgoglio da parte del nostro Paese, un Paese che Luca ha servito e onorato in tutte le sedi in cui ha operato”.
“La nostra vita si è interrotta il 22 febbraio 2021, il giorno in cui Luca perse la vita. Traiamo forza dalle nostre nipoti, tre bambine che cresceranno senza il loro papà. Lotteremo finché queste tre creature abbiano un po’ di serenità, per quanto possibile. E perché abbiano verità e giustizia: in questo noi non ci arrenderemo, non abbiamo alcuna intenzione di farlo”. Mentre parla con l’Adnkronos, Salvatore è al parco con le tre bambine: la grande ha 5 anni e mezzo, le gemelle ne compieranno 4 a fine maggio. E sarà il loro secondo compleanno senza il loro papà a soffiare sulle candeline. “La grande mi chiede sempre del suo papà – ricorda il nonno, la voce rotta dall’emozione – e ogni volta che lo fa è una ferita che si riapre. Come si fa a spiegare loro quel che è successo? Quando saranno grandi si renderanno conto del padre che hanno avuto e ne saranno orgogliose, ne sono convinto. Ma la verità va trovata anche e soprattutto per loro. Luca è stato un figlio e un padre straordinario, non solo in famiglia, ma ogni persona che lo abbia incontrato lo ricorda con affetto. Luca credeva in un mondo migliore e lavorava ogni giorno per cambiarlo in meglio, non a caso lo slogan dell’associazione che ha fondato, ‘Mamma Sofia’, è: ‘ridisegnamo il mondo’. Lui ci credeva fermamente, era un sognatore che guardava oltre il suo naso. Aveva tanti sogni, la sua forza era credere nei sogni che aveva e tentare di realizzarli”.
“La storia di quanto è realmente accaduto a Luca è tutta da scrivere. Noi viviamo per la verità, senza verità non avremmo giustizia. Siamo pronti a batterci fino all’ultimo dei nostri giorni per arrivare alla verità su quel maledetto 22 febbraio, il giorno in cui il nostro Luca perse la vita. Ci auguriamo che le nostre autorità, soprattutto che lo Stato italiano abbia un sussulto di orgoglio e con la schiena dritta si batta per questo, da un lato con il governo congolese, dall’altra con il World Food Programme, che vuole appellarsi a una sorta di immunità per le persone dell’organizzazione indagate, il che sarebbe a dir poco immorale per un organismo che si definisce umanitario”.
“Come si fa a spiegare quel che è successo al loro papà? – chiede Salvatore con rabbia – La verità va fatta anche e soprattutto per loro, ma anche per il nostro Stato: se è uno Stato con la S maiuscola allora non sia genuflesso di fronte a queste grandi organizzazioni o ad altri governi. Abbia la schiena dritta altrimenti tutto è costruito sulla sabbia, a cominciare dai nostri valori, dai capisaldi della nostra democrazia. Ci appelliamo tanto ai diritti umani, lo facciamo ogni volta che c’è uno sberleffo che finisce per riempire le cronache. Sopprimere la vita non è forse violare il più alto diritto umano? La vita di mio figlio – ricorda – è stata spezzata in una circostanza in cui lui si trovava per portare pace e fare del bene. Noi chiediamo verità, lo faremo con tenacia finché ne avremo forza”.
L’APPELLO A DRAGHI E MATTARELLA – “Sappiamo che la Farnesina è al nostro fianco: il ministero degli Esteri sta facendo di tutto e di più per riuscire ad andare avanti con le indagini sulla morte del nostro Luca. Se questo non bastasse, noi invochiamo l’autorità massima di governo, ci rivolgiamo a Mario Draghi. Se ci sono da scomodare Draghi o Mattarella noi lo faremo, non ci tiriamo indietro nel chiedere verità e giustizia”. Il Capo dello Stato “lo abbiamo incontrato in occasione della consegna dell’onorificenza di Gran Croce d’Onore dell’Ordine della Stella d’Italia alla memoria di Luca – ricorda il padre dell’ambasciatore -, in quell’occasione Mattarella aveva speso parole di elogio nei confronti di mio figlio, un esempio di come deve essere la diplomazia in Italia e nel mondo. E Luca è certamente un esempio, ma un esempio che chiede verità e giustizia”.
Attanasio lamenta anche l’assenza dell’Europa nella dolorosa vicenda che ha travolto la sua famiglia, scuotendola nelle fondamenta. “Un’Europa muta e totalmente assente – denuncia – Stiamo parlando dell’assassinio di due servitori dello Stato, uno Stato fondatore d’Europa e di cui però l’Europa si dimentica in circostanze del genere. Questo è per noi un fatto gravissimo. Ci sono state delle interpellanze di europarlamenti sulla vicenda di Luca, interpellanze inviate al Parlamento europeo che non hanno sortito effetto, non hanno avuto risposte”. Ma Salvatore Attanasio non risparmia nemmeno “la stampa italiana e il suo silenzio: non si occupano del caso, non ne scrivono. Non si capisce perché e lo ritengo grave, gravissimo. Non si tratta, del resto, di un semplice fatto di cronaca, ma del caso di un ambasciatore italiano barbaramente ucciso in un periodo di pace e nel corso di una missione umanitaria. Non c’è silenzio che tenga, che sia giustificabile”.
PAPA FRANCESCO – Papa Francesco “sì, lo sentiamo e lo abbiamo anche incontrato”. Il Pontefice sarà in Congo in luglio, e si recherà in preghiera a Goma, nelle vicinanze del luogo in cui, nel febbraio 2021, fu ucciso l’ambasciatore italiano Luca Attanasio: “Ci auguriamo che la sua presenza possa portare a un piccolo passo avanti, che accenda un po’ di luce sempre per evitare che la vicenda di Luca cada nell’oblio”.
LE INDAGINI – Con l’arrivo di Alberto Petrangeli a Kinshasa, il nuovo ambasciatore della Repubblica democratica del Congo, “speriamo che le indagini su Luca abbiano nuovo impulso. I nostri carabinieri dei Ros attendono dal settembre dello scorso anno di completare le indagini, ma sono fermi perché non hanno sufficiente protezione o mancano i permessi che consentano di operare in maniera serena in un territorio altamente pericoloso. E così le indagini sono arenate e la storia di quanto realmente accaduto a Luca tutta ancora da scrivere”.
“Ci sono tre filoni d’inchiesta sulla vicenda che è costata la vita a mio figlio Luca, il carabiniere Vittorio Iacovacci e l’autista del convoglio Mustapha Milambo: due -completamente arenate- devono ricostruire la dinamica di quanto accaduto, dunque scoprire cosa c’è dietro l’agguato del 22 febbraio 2021; l’altra è volta ad accertare la responsabilità del World Food Programme e vede indagate due persone”, il responsabile della sicurezza del WFP Mansour Luguru Mwagaza e il vice-direttore del Wfp a Kinshasa, l’italiano Rocco Leone. Il WFP “vuole appellarsi un a sorta di immunità per le due persone indagate, ed è a dir poco immorale per un organismo che si definisce umanitario. Di fronte a un triplice omicidio, anche se ci fosse questa immunità andrebbe cancellata rispetto a una vicenda così grave”.
L’immunità a cui il padre dell’ambasciatore fa riferimento è quella ‘diplomatica’, sollevata dai legali dell’agenzia che fa capo alle Nazioni Unite e respinta dal procuratore aggiunto di Roma Sergio Colaiocco. Un’eccezione avanzata dai legali del Wfp “che resta assolutamente ipocrita, e che reputiamo immorale e fuori luogo -incalza Attanasio – speriamo che lo Stato italiano non si genufletta alle pretese di grandi organizzazioni come questa”.