Sono tante e ‘continue’ le problematiche che continuano ad affiancare scolari e studenti per una stagione di studi maledettamente caratterizzata dalla presenza del coronavirus.
In realtà ciò che lascia seriamente perplessi un po’ tuti noi è che, nonostante l’evidente situazione in atto – che si perpetua da ‘mesi’ – la ripresa dell’anno scolastico ha evidenziato una lunga serie di dubbi ed approssimazione, soprattutto sul come comportarsi davanti a segnali. sintomi sospetti da parte di uno scolaro. Le linee guida del Sis del 118 prevedono ovviamente il lampone e la temporanea quarantena per classe e docenti, ma in che caso? Chi si prende la responsabilità di fermare tutto?
Ma non solo, dopo le polemiche relative alla misurazione della temperature all’entrata che, come ha giustamente affermato il viceministro Sileri, non può essere delegata alla sola responsabilità genitoriale, ora ecco spuntare un’altra questione, stavolta legata all’obbligo del certificato medico, dopo un’assenza dall’aula di oltre 5 giorni.
A contestarla è sceso in campo addirittura il presidente della Fimp (Associazione italiana media pediatri), Paolo Biasci il quale, stamane ha ammonito che ”La richiesta di reintroduzione dell’obbligo del certificato medico per il rientro a scuola è priva di fondamento scientifico e contraddice le raccomandazioni sin qui promosse per contenere l’epidemia. Il mondo della scuola dovrebbe volere insieme a noi le misure che consentano a bambini e ragazzi di frequentare le lezioni in sicurezza”.
“E la reintroduzione del certificato – osserva il numero dei pediatri italiani – che si basa solo sulla valutazione delle condizioni cliniche, offrirebbe invece una falsa sicurezza sulle condizioni di contagiosità degli alunni. Restiamo alle norme dell’ultimo Dpcm e seguiamo il percorso assistenziale indicato che prevede l’esecuzione del tampone naso-faringeo in tutte le principali e più frequenti condizioni che causano l’assenza dalle comunità scolastiche. Piuttosto cerchiamo di migliorarne la gestione degli aspetti organizzativi, per la quale durante gli ultimi mesi si è fatto ben poco”
Come tiene giustamente ad evidenziare Biasci, ”Abbiamo ormai un collaudato sistema di triage telefonico, eventualmente associato al videoconsulto, che ci permette di individuare tutti i casi sospetti di infezione da Covid-19. Per una frequenza scolastica in sicurezza abbiamo la necessità del referto di un tampone in tempi più rapidi possibili, per poter redigere un attestato che permetterà il rientro a scuola. Vogliamo tornare ad affollare gli studi dei pediatri di famiglia con accessi non necessari per un adempimento burocratico cancellato tempo fa, proprio perché privo di valore scientifico e che non permette di escludere la contagiosità? Come possiamo infatti certificare con certezza la non contagiosità di un paziente senza prima aver effettuato l’unico test ad oggi validato per risolvere la diagnosi?”.
Piuttosto, rimarca quindi il presidente della Fimp, “concentriamoci sugli aspetti organizzativi della gestione dell’epidemia. Noi stiamo facendo la nostra parte, ma non è possibile dover attendere 4-5 giorni ed anche più l’esito del tampone naso-faringeo per il Covid-19 quando, se lo stesso paziente va in Pronto Soccorso, la risposta arriva in 4 ore”.
Dunque, conclude l’esperto medico pediatra, “Cerchiamo di ridurre la disparità tra tempi dell’ospedale e del territorio. I primi a beneficiarne saranno i bambini e le loro famiglie”.
Max