La Belt and Road Initiative, conosciuta come la “Nuova Via della Seta”, ha visto l’uscita dell’Italia. Il progetto, sostenuto dalla Cina e incentrato su considerevoli investimenti in infrastrutture globali, ha visto l’Italia diventare il primo paese a ritirarsi. Questo avviene dopo che, nel 2019, l’Italia è stata il primo e unico membro del G7 a parteciparvi.
Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha detto che “l’accordo sulla Via della Seta non era vantaggioso per noi in prospettiva perché Germania e Francia hanno avuto un fatturato superiore al nostro. Adesso vediamo come rafforzare il rapporto con la Cina ma già stiamo lavorando tanto con loro, c’è un partenariato strategico. Pochi giorni fa è stata in Cina il ministro Bernini, prima c’era stata la mia visita. Non c’è nulla di negativo nei confronti della Cina. Procediamo come abbiamo sempre proceduto, tutto va avanti”.
Il vicepresidente della Camera dei deputati Fabio Rampelli, di Fratelli d’Italia ha commentato l’uscita dell’Italia dalla Via della Seta: “La decisione del presidente Giorgia Meloni di revocare gli accordi con la Cina, sottoscritti dall’ex presidente Conte, è un’ottima notizia per diversi motivi”.
“Innanzitutto – spiega – questa scelta è volta a preservare l’economia italiana, i mercati nazionali e continentali, le nostre infrastrutture strategiche, il patrimonio manifatturiero e artigianale da troppo tempo cannibalizzato dalla potenza asiatica a causa del mai affrontato problema della concorrenza sleale”.
Secondo Rampelli, “è stato il virus del globalismo a mettere in ginocchio la nostra capacità produttiva. Ricordo che negli anni l’ascesa cinese imperial-comunista, ha danneggiato fortemente il commercio italiano e quello europeo, si è infiltrata in porti e industrie, in quartieri e intere città con conseguenze socio economiche devastanti. L’export cinese, plagiando i nostri prodotti e utilizzando manovalanza a basso costo e priva degli elementari diritti sindacali e politici, ha attuato politiche commerciali scorrette, antitetiche a quelle rigidissime imposte alle nostre aziende, secondo un approccio tafazzista”, dice ancora l’esponente di Fdi.