Visto l’equilibrio ‘altalenante’ della maggioranza, e la clamorosa notizia dell’addio Di Maio al M5s, non appena è giunto a Palazzo Madama, il premier Draghi è stato incalzato dai media, intenti a sondare la sua preoccupazione sulla tenuta o meno della maggioranza, una domanda alla quale, con il suo imperscrutabile ‘aplomb’, Draghi ha replicato “Non lo so, vediamo, vediamo…“.
Pragmatico e diretto, in realtà ora ciò che più conta per il premier, è quello di riuscire a restituire all’Italia una ‘credibilità internazionale’ che, inevitabilmente, passa anche attraverso un Parlamento compatto, e perfettamente in linea con quelli degli altri paesi membri. Quindi, prima di tutto ‘le motivazioni’ della sua richiesta al Senato, poi tutto il ‘resto’…
Dunque, avvicinando a se il microfono nell’Aula del Senato, il capo del governo ha introdotto le premesse che articolano il suo intervento, mirato a fare breccia in seno al Consiglio Europeo, che avrà luogo i prossimi 23 e 24 giugno. “Ci avviciniamo al quarto mese di invasione russa dell’Ucraina – ha ‘denunciato’ – e Mosca continua ad aggredire militarmente le città al fine di espandere il controllo sul territorio”
Ed ancora, ha tenuto a ricordare il capo del governo, “Al 20 giugno sono 4569 i civili uccisi, ma il numero reale potrebbe essere molto molto più alto. Continuano a emergere nuove atrocità commesse ai danni dei civili da parte dell’esercito russo. Le responsabilità saranno accertate e i crimini di guerra saranno puniti“.
Dunque, ha rimarcato il presidente del Consiglio, “solo una pace concordata e non subita può essere duratura. Durante la visita a Kiev ho visto da vicino le devastazioni della guerra e constatato la determinazione degli ucraini nel difendere il loro Paese, ed il presidente Zelensky ci ha chiesto di continuare a sostenere l’Ucraina per raggiungere una pace che rispetti i loro diritti: solo una pace concordata e non subita può essere davvero duratura“.
Detto questo, quindi il premier è entrato ‘nel vivo della questione’ affermando che “L’Italia continuerà a lavorare con l’Ue e il G7 per sostenere l’Ucraina, ricercare la pace, superare questa crisi. Questo è il mandato ricevuto del Parlamento, da voi, e questa è la guida per la nostra azione“.
“A Kiev – ha quindi continuato il premier – ho ribadito che l’Italia vuole l’Ucraina in Europa e vuole lo status di Paese candidato. Siamo stati tra i primi a sostenere questa posizione con chiarezza in Ue e in Occidente e per la prima volta l’ho fatto proprio in questo Parlamento, continueremo a farlo anche al Consiglio Ue“.
Con altrettanta lucidità Draghi ha anche ammesso che, “Sono consapevole che non tutti gli Stati membri condividono questa posizione ma la raccomandazione della Commissione è un segnale incoraggiante e confido che il Consiglio Ue raggiunga una posizione consensuale in merito“.
Infine, riguardo alla Russia, il capo del governo ha ribadito che “il 3 giugno il Consiglio europeo ha varato un sesto pacchetto di sanzioni, sanzioni che funzionano“, ha tenuto a rassicurare, per poi concludere che “il tempo ha rivelato che sono efficaci, ma i canali di dialogo restano aperti“.
Quindi, raccolti i fogli, con altrettanta calma, il premier ha lasciato l’Aula. Ora, superato lo ‘scoglio’ (per modo di dire), che più lo impensieriva, potrà finalmente dedicarsi anche al governo ed alla traballante maggioranza, non mancando di ‘rimediare’ anche in questo senso…
Max