Non ci siamo ancora: lunedì si riuniranno per l’ennesima volta (la quinta) prima che, nel pomeriggio, poi la ’Triplice sindacale’ dovrà misurarsi direttamente col premier Gentiloni. Dopo il nulla di fatto di stamane a Palazzo Chigi, che ha visto intorno al tavolo tecnico l’esecutivo e Cgil Cisl e Uil. Sarà dunque un appuntamento per certi versi irrinunciabile il prossimo, per sperare di riuscire a fissare definitivamente i criteri necessari per accedere, nel 2019, all’esonero dell’aumento dell’età pensionabile a 67 anni. Tuttavia quello di stamane non è stato ’tempo sprecato’, sembrerebbe infatti che un minimo di convergenza vi sia invece stata rispetto ai nuovi meccanismi di calcolo, attraverso i quali definire – a decorrere dal 2012 – l’impatto delle aspettative di vita sull’età del pensionamento. Il governo sarebbe infatti favorevole a calcolare la speranza di vita, tenendo conto della media del biennio, confrontandola poi con quella registrata nel biennio precedente, un meccanismo che potrebbe tenere conto anche dell’eventualità di un calo nelle aspettative. Ma anche per questa soluzione, ci sono da chiarire molti aspetti. Qualora venisse infatti registrato un calo nelle aspettative di vita, va da sé che il nuovo adeguamento all’età pensionabile (comunque non ’recuperabile’ ma costretto poi a fermarsi sull’età prevista dall’ultimo aggiornamento), diferentemente da come chiedono le tre siglie sindacali non si scaricherebbe sul biennio in corso, ma su quello successivo. Oltretutto, basandosi su una media biennale delle aspettative di vita, avrebbe difficoltà ad individuare eventuali oscillazioni negative nelle speranze di vita, e dunque l’idea sarebbe semmai di estendere la media su 5 anni. Un aspetto che l’esecutivo ha accettato di prendere in considerazione, dichiarandosi disponibile ad eventuali variazioni in corsa. E se anche sulla previdenza integrativa relativa ad alcune categorie di lavoratori pubblici – e soprattutto, sull’utilizzo del Fondo d’integrazione Salariale delle piccole e medie imprese – si intravede la luce in fondo al tunnel, il nodo fondamentale, come dicevamo, permane l’individuazione della platea e, su tutto, i criteri di accesso, che concorrerebbero all’esenzione dallo scatto di età per il pensionamento dal 2019. Dal canto loro giustamente Cgil, Cisl e Uil invocano un’ampliamento della platea (basti considerare che gli operai siderurgici non sono ancora stati annessi), giudicando esageratamente pochi i circa 17mila lavoratori ’promosi’ alla revisione dei criteri di accesso al beneficio: “troppi i 36 anni di contribuzione proposti dall’esecutivo”, hanno affermato uscendo dall’incontro, sottolineando come, il governo, “appare rigido nell’impostazione”, ed il carnet di proposte “troppo limitato”. “Il lavoro va avanti. Per costruire servono sabbia e cemento ma al momento il cemento manca. Si spera nel fine settimana – ha poi aggiunto , Gigi Petteni, segretario confederale Cisl – 36 anni di contribuzione non vanno bene, così è difficile che la platea di lavoratori interessati possa essere ampia”. Dello stesso avviso anche la Uil, che al momento vede ancora lontano un accordo sulle pensioni: “Le distanze sono ancora profonde e le aperture al tavolo non ancora sufficienti. Il pacchetto di proposte è troppo limitato – osserva il segretario confederale, Domenico Proietti – e l’esecutivo ascolta le nostre controproposte ma senza dare risposte”. L’unica visione ’speranzosa’ sembra infine essere quella di Roberto Ghiselli, segretario confederale Cgil, il quale pur ribadendo le “distanze infinite” con il governo rispetto a diversi fattori, commenta, “Vedremo lunedì mattina quale sarà la proposta complessiva”, conclude.
M.